Monsoon wedding

Commento al film di Mira Nair, Leone d'Oro alla Mostra del cinema di Venezia, 2001. L'opera è risultato di un percorso registico personale e cosmopolita, che all'esordio si è orientato verso un cinema d'impegno dalla confezione accattivante, poi sempre più contaminato dal gusto occidentale.

MONSOON WEDDING

 

Regia: Mira Nair. Sceneggiatura: Sabrina Dhawan. Fotografia: Declan Quinn. Montaggio: Allyson C. Johnson. Musica: Mychael Danna, Paul P. Soucek. Scenografia: Stephanie Carroll. Costumi: Arjun Bhasin. Interpreti: Naseeruddin Shah, Lillete Dubey, Shefali Shetty, Vijaz Raaz, Tilotama Shome. Produzione: Mirabai Films, KeyFilms, Pandora Films, Paradise Films. Distribuzione: Key Films. Origine: India, 2001. Durata: 114 minuti.

Premiato con il Leone d'Oro all'ultima Mostra del cinema di Venezia, Monsoon Wedding è una pellicola paradigmatica, risultato di un percorso registico al contempo personale e cosmopolita, che sin dall'esordio - con l'apprezzato Salaam Bombay! - si è orientato verso un cinema d'impegno dalla confezione accattivante, poi gradualmente sempre più contaminato dal gusto occidentale. Pertanto, se i film che precedono Monsoon Wedding (per esempio, Mississippi Masala e Kamasutra) erano stati accolti dalla critica con rispetto e non senza annotarne la vocazione sincretistica, con quest'ultimo film l'atteggiamento verso Mira Nair ha assunto tratti di risentimento, anche perché esso rappresenta l'adesione di una regista indiana provocatrice e disincantata alla sfarzosità tipica del cinema di Bollywood.

Mentre Hollywood significa cosmopolitismo e omogeneizzazione dei gusti e dei toni, Bollywood è l'industra del cinema situata tra Bombay e Madras che produce ogni anno seicento film visti da oltre cento milioni di spettatori. Un'industria del cinema che oggi si appresta a varcare i confini, diversificando la sua offerta con una miscellanea vivace di canzoni, danze, esotismo e colori, attraverso film come Lagaan, kolossal sul cricket premiato dal pubblico al festival di Locarno, Asoka, biografia agiografica di un imperatore del III secolo a. C., e, appunto, Monsoon Wedding, commedia insolita per gli standard espressivi di Bollywood eppure scopertamente sincretistica, ovvero incline a ibridizzare i moduli del "film sui matrimoni" (genere molto frequentato dall'industria cinematografica indiana) con un linguaggio e una colonna sonora orecchiabili anche al di là dei confini nazionali. La temperatura emotiva di Monsoon Wedding, veicolata da un incedere narrativo fluido e senza intoppi, condensa melodramma sentimentale, danze e canti tradizionali, ma anche tono da soap-opera, punte drammatiche smussate da momenti di comicità farsesca, sensualità contenuta nei gusti e nelle maniere di una borghesia indiana moderna e decisamente global. Forse la caratteristica più interessante dell'operazione tentata dalla Nair si riflette nel fatto che lo stile e il tono della regia sembrano adattati alle caratteristiche degli invitati che raggiungono la festa. Sono loro, economicamente e culturalmente, i destinatari esemplari dell'opera, ma sono loro, simbolicamente, anche i principali committenti dell'industria cinematografica indiana.

Nel film gli invitati al matrimonio raggiungono Delhi dai luoghi più disparati del pianeta (per esempio, lo sposo Hemant fa l'ingegnere a Houston, mentre il giovane Rahul studia all'università di Sydney). Intanto il padre della sposa, concentrato sui preparativi della gigantesca festa, non si accorge di ciò che succede attorno a lui: il buffo Dubey, organizzatore del matrimonio, s'invaghisce della domestica; la sposa Aditi deve confessare al suo promesso sposo di essersi innamorata di un uomo sposato; Rahul presta attenzione allo sguardo e alle danze della seducente cugina Ayesha. Girato in tempi rapidi, lasciando spazio all'improvvisazione, Monsoon Wedding accenna a momenti di disagio del sentire all'interno delle famiglie borghesi di Delhi. Le riprese affrettate spiegano in parte il suo carattere impetuoso e bonario, quasi si fosse trattato realmente di partecipare ad una festa di matrimonio dalle parti del Punjab, zona d'origine di Mira Nair, dove la vita è vissuta con gli occhi della passione e del divertimento. Non è forse del tutto vero che la cineasta rinunci con questo film alla sua anima più personale. Si tratta più probabilmente di un'opera di passaggio: lo sdoganamento del cinema indiano verso il pubblico occidentale ha prodotto anche questo film ibrido, che miscela le canzoni d'amore tradizionali alla musica folk, al pop e al jazz indiani, per rendere omaggio all'allegria e offrirsi bonariamente alla speranza, simbolizzata da quella pioggia rigenerente che alla fine lava ogni dolore e riporta l'ottimismo. Ad ogni modo, prima ancora che un film cosmopolita, Monsoon Wedding è un lavoro che sincretizza figure e luoghi dell'India per poi riproporli in una variante aggiornata secondo i gusti dell'esotismo d'esportazione. Ciò che manca è un vero equilibrio espressivo, in altre parole quello spirito di autenticità che si ritrova a tratti in altre opere di Mira Nair. L'intreccio è solo un debole canovaccio per siparietti drammatici che non ricevono il dovuto approfondimento. Resta la simpatia di una commedia che per quanto studiata a tavolino evidenzia un'adesione fiduciosa, ironica e per nulla moralistica, alla società indiana contemporanea. In questo senso, Monsoon Wedding è addirittura eloquente, ovvero per niente ingenuo come potrebbe sembrare di primo acchito: i colori e l'allegria del matrimonio indiano descrivono il gusto occidentale tipico di una famiglia "middle class", ma anche l'emergere di una nuova borghesia all'interno della struttura sociale di Delhi, come evidenzia in modo macchiettistico la figura di Dubey, comico organizzatore del matrimonio con il cellulare sempre in funzione.

Roberto Lasagna