Tra rugby e STEM: il percorso in controtendenza di Marta Zanello

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Venerdì 21 aprile il Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi ospiterà l’evento “Donne, scienza e rugby. Un connubio perfetto? Una giornata oltre gli stereotipi di genere nello sport come nella conoscenza”,  dedicato all’orientamento di studentesse dell’ultimo biennio della scuola secondaria di secondo grado per avvicinarsi alle discipline STEM e superare le barriere psicologiche verso preconcetti stereotipati, che vedono le materie scientifiche e alcuni sport come “prettamente” maschili.

A portare la propria testimonianza durante la giornata ci saranno anche delle studentesse che hanno intrapreso una carriera professionale e sportiva “controtendenza”.

Abbiamo chiacchierato con Marta Zanello, specializzata in scienze cosmetiche e rugbista per passione, laureata in Chimica e con una magistrale in Chimica e Tecnologie Sostenibili all’Università Ca’ Foscari.

Partiamo dalla tua passione: il rugby. Hai scelto un ambito sportivo che è più associato alla presenza maschile. Ci racconti come hai iniziato e cosa è per te questo sport?

L’ultimo anno del liceo il mio professore di ginnastica ha deciso di far provare a tutta la classe il gioco del rugby. Mi è piaciuto tantissimo, e così, a settembre dell’anno successivo, mi sono iscritta contemporaneamente all’università e a una squadra femminile di rugby. Di questo sport amo il fatto che devi conquistare ogni centimetro di campo contando sulle tue forze e sul tuo fisico, ma allo stesso tempo ci vuole una grande intelligenza per capire come sfruttare la situazione di gioco a tuo vantaggio e come coordinarsi con le compagne di squadra.

Ti hanno mai detto che è un ‘gioco da maschi’?

Ho subito commenti sorpresi e, a volte, critici, solo da chi il rugby non lo conosceva, e riteneva che fosse un gioco da maschi, come se per una donna non stesse bene correre, sporcarsi, farsi un occhio nero. Purtroppo le ragazze che praticano il rugby sono molte meno dei ragazzi, e le squadre spesso fanno fatica a raggiungere il numero minimo per partecipare a un torneo. Mi auguro che in futuro le società continuino ad investire anche nella parte femminile, come in parte stanno già facendo, e che le giocatrici siano sempre più numerose.

Oltre a praticare rugby, hai scelto di specializzarti in chimica, una disciplina STEM. Trovi che i due ambiti abbiano qualcosa in comune?

Hanno senz’altro in comune il fatto che per farle bene, è necessario “sporcarsi le mani”, che sia di fango, o all’interno di un laboratorio.

Ci racconti la tua carriera nelle STEM, dalla scuola al lavoro che svolgi attualmente?

Abito in provincia di Treviso e ho frequentato il liceo classico della mia città. All’Università Ca’ Foscari ho frequentato il corso di laurea in Chimica e un master. Attualmente lavoro in un’azienda cosmetica, nel reparto Ricerca e Sviluppo. Mi occupo di creare le formulazioni, ovvero l’insieme degli ingredienti, che vanno a comporre tutti i prodotti che troviamo in farmacia, in profumeria, o più semplicemente al supermercato, come creme viso e corpo, shampoo, balsami, solari, lip gloss e così via.

Come descriveresti la tua esperienza di studio e approccio al mondo del lavoro? Hai mai sentito di essere considerata in modo diverso dai tuoi colleghi uomini?

In realtà, nell’ambito in cui lavoro, la cosmetica, sono solitamente più numerose le donne degli uomini, ma questo rappresenta un’eccezione nel panorama delle aziende chimiche. In particolare nelle realtà con una mentalità di vecchio stampo, e ce ne sono molte anche in Veneto, si pensa che una donna non possa ricoprire un ruolo di questo genere. Personalmente, in ambito professionale, non ho mai permesso di trattarmi diversamente in quanto donna. Da sempre alla donna vengono attribuite innate doti di cura e una spiccata predilezione per ambiti di tipo prettamente umanistico, in cui la componente empatica è fondamentale. All’uomo invece si associa una mente più logica, matematica e pratica, che si rispecchia nelle discipline STEM. In realtà, ognuno nasce con delle caratteristiche proprie come individuo, e non in quanto appartenente al genere maschile o femminile. Per fortuna, le cose stanno cambiando, e oggi le persone sono sempre più libere di esprimere le proprie attitudini, spaziando in qualsiasi ambito.

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe intraprendere una carriera professionale e sportiva in rottura con gli stereotipi di genere?

Non fatevi scoraggiare da chi non vi riterrà all’altezza giudicando solo in base al genere. E vedrete che ci saranno molte più persone che crederanno in voi rispetto a quelle che vi sottovaluteranno.


L’integrazione tra sport, studio e carriera accademica è fondamentale a Ca’ Foscari. L'Ateneo, infatti, offre la possibilità tramite il CUS Venezia di cimentarsi, sia a livello amatoriale che agonistico, in numerose discipline sportive oltre al rugby: individuali e di squadra, attività fitness o all’aria aperta e sport d’acqua.

Sara Moscatelli