Ernesto Canal - La storia delle ricerche archeologiche in laguna

1. Ernesto Canal in Laguna: 50 anni di ricerche archeologiche

“Tito” - così tutti in laguna conoscevano Ernesto Canal - è ritenuto a diritto il padre dell’archeologia lagunare.

Archeologo autodidatta, ha in realtà impersonato la figura di un ricercatore moderno, capace di “fare archeologia” oltre i reperti e oltre i libri. Ha saputo coniugare le sue conoscenze sui metodi archeologici e gli studi archivistici con un contemporaneo approccio antropologico e ecologico al passato.

Tito ha saputo dare uguale importanza ai dati fisici della laguna, alle raccolte sistematiche di materiali antichi, alle fonti, allo scavo e, non da ultimo, all’ascolto degli uomini che quella laguna navigano e vivono ogni giorno.

Armato di sondino per tastare i fondi lagunari e verificare la consistenza delle sue intuizioni e delle indiscrezioni che riportavano la presenza di anfore, ceramiche e strutture sommerse, Ernesto Canal ha individuato più di 700 punti di interesse archeologico. Pioniere nell’uso di strumentazione scientifiche, come l’avveniristico ecoscandaglio, ha saputo interfacciarsi con gli studiosi dell’università, imparando ad organizzare la sua ricerca con metodo e rigore. Ha anche vestito i panni dell’archeologo sperimentale, viaggiando e re-immaginando fisicamente gli spazi antichi, sospesi tra terre acque, per comprenderli appieno.

La sua curiosità gli ha permesso di raccogliere quasi 100.000 reperti, alcuni dei quali sono esposti in questa mostra.  Il suo accurato archivio di informazioni, rimane fondamentale ed è molto studiato ancora oggi per immaginare la faccia di questo territorio litoraneo prima di Venezia.

2. Il passato "sommerso e sepolto" in laguna e le ricerche

La laguna nord è stata teatro di uno straordinario laboratorio di archeologia. Numerosi sono gli interventi di scavo, sia sulla terraferma che in acqua, che hanno – indagine dopo indagine – aiutato a comprendere che aspetto avesse questo spazio di terra e acque “prima di Venezia”.

Negli anni ’60 del secolo scorso a Torcello l’équipe polacca, coordinata da W. Hensel, inaugura una felice stagione di studi. L’obiettivo era di verificare l’origine dell’insediamento lagunare: l’archeologia, per la prima volta, sottolineava come l’isola non fosse uno spazio “nuovo” abitato solo dopo le “invasioni barbariche”, ma che la basilica e gli edifici medievali si inserivano in un contesto di lunga durata – con intervalli e alcune cesure – che si spingeva fino all’età romana imperiale. Qualche anno dopo l’isola verrà indagata da Michele Tombolani, allora direttore del Museo di Altino, che troverà presso il campanile ricche stratigrafie con materiali antichi. Dal 1969 al 1988, poco lontano, a San Lorenzo d’Ammiana, Ernesto Canal intraprende uno dei suoi più famosi scavi, portando alla luce “strutture” indubitabilmente antiche. Tali edifici saranno, poi, correttamente riferiti ad una costruzione abitativo-produttiva di età tardo antica, grazie allo studio dell’equipe di Ca’ Foscari, diretta da Sauro Gelichi.

Stimolate dai rinvenimenti di Ernesto Canal, le Soprintendenze e i Musei locali hanno coordinato studi puntuali e areali. In terra, vanno ricordate le stagioni della Soprintendenza con gli scavi a Torcello a fine degli anni ’90, coordinate da Maurizia de Min: si definiscono le cronologie edificatorie della Basilica di Torcello (VII secolo) e si recuperano numerosissimi materiali antichi e tardo-antichi, ampiamente studiati per descrivere la qualità della cultura materiale. In acqua, la Soprintendenza (attraverso il vivacissimo ruolo del Nucleo di Archeologia Subacquea NAUSICAA, diretto da Luigi Fozzati) segnala centinaia di rinvenimenti, promuovendo studi e analisi. Gli scavi vengono effettuati nel corso della realizzazione di opere pubbliche e private. Si raccolgono migliaia di reperti e informazioni.

Il lavoro di oggi continua nel campo ma, anche e soprattutto, continua in laboratorio e magazzino, riprendendo i dati dei vecchi scavi e ri-analizzandoli alla luce di nuovi strumenti e linee interpretative più complesse.  L’università Ca’ Foscari e le nuove Soprintendenze oggi scavano “i depositi” dove sono custoditi i reperti, tentando di far raccontare a questi materiali nuove storie, anche inusuali, della laguna antica.