2025: la seconda tappa, “The World of Igor Savitsky”
Un nuovo allestimento si aggiunge all’esposizione permanente del secondo piano del Museo di Nukus: Silvia Burini e a Giuseppe Barbieri hanno completato il processo curatoriale con l’adeguamento complessivo del Museo ed il ripensamento del suo ultimo piano realizzato come asset di un percorso permanente. Il titolo, "The World of Igor Savitsky", spiega come non si potesse evidentemente prescindere dai criteri museografici che Igor’ Savickij aveva concepito e applicato in quasi vent’anni di direzione. Si tratta del principale aspetto della sua multiforme personalità che viene sottolineato nel percorso del terzo piano, mentre al secondo è dato più spazio, oltre che alla sua vicenda biografica, alla sua arte e al suo fondamentale ruolo di collezionista. Nel Museo di Nukus, Savickij ha voluto restituire un mondo che rischiava di scomparire, che era anzi praticamente scomparso e che lui ha saputo invece raccogliere, preservare, comunicare.
Il progetto curatoriale, realizzato anche con la collaborazione di Maria Redaelli, ha voluto mantenere un forte riferimento con la museografia savickijana e favorire la fruizione di un pubblico crescentemente internazionale. Lo spazio espositivo, definito con i curatori dall’architetto veneziano Massimiliano Bigarello, ha acquisito una nuova profondità di percezione e una maggiore ampiezza per la disposizione delle opere, in qualche caso comunque affollate, in due o tre file, come nelle sperimentazioni espositive di Savickij. L’impianto illuminotecnico conferisce maggiori garanzie di conservazione delle opere (in particolare a quelle su carta). Anche i colori delle pareti di supporto (che riprendono la gamma cromatica delle “forme” del secondo piano e, in ultima origine, le tinte dei manufatti tessili) cooperano a delineare percorsi da un lato più riconoscibili, dall’altro con un maggior numero di opzioni di visita.
Il progetto mette in relazione tre livelli di narrazione costantemente intrecciati: dipinti e disegni, reperti archeologici e plastici, manufatti delle arti applicate (ceramiche, tessili ed ebanistiche, le filigrane e i gioielli degli zargar). Sono registri narrativi immediatamente godibili ma allo stesso tempo complessi. L’allestimento è inoltre arricchito dall’impiego rigoroso delle moderne tecnologie multimediali.
Il percorso si articola in tre grandi sezioni e in una premessa. Le tre sezioni sono dedicate a temi per più aspetti trasversali e intersecati tra loro: luoghi, figure e cose. Nella sezione "Luoghi" si ammirano dipinti di paesaggio rurale e urbano, dalle rappresentazioni orientalistiche a rare raffigurazioni del cosmismo; in quella dedicata alle "figure" l’attenzione si appunta su una serie di affascinanti ritratti, spesso femminili, e su scene di interni; quella infine dedicata alle "Cose" insiste sulle nature morte. Alcuni strepitosi manufatti tessili, disseminati deliberatamente lungo tutto il percorso, partecipano, con le loro forme i loro colori, a tutti e tre i temi.
Il terzo piano del Museo di Nukus si configura come l’inizio di un percorso iniziato nell'ottobre 2024 che trova al piano inferiore, con la mostra “Uzbekistan: l’Avanguardia nel deserto”, un focus specifico e affascinante nei rapporti tra Avanguardia russa e Avanguardia Orientalis. "Il mondo di Igor’ Savickij" è ancora più vasto e fissa obiettivi più ambiziosi nella conservazione e nella trasmissione del Cultural Heritage dell’Uzbekistan.
2024, la prima tappa: le due mostre riaprono a Nukus in Ubekistan
Dopo il grande consenso di pubblico e critica delle due mostre aperte in Italia in primavera 2024, a Palazzo Pitti a Firenze e a Ca’ Foscari Esposizioni, a Venezia, "Uzbekistan: Avant-Garde in the Desert" ha riaperto a ottobre 2024 a Nukus nel Museo Statale delle Arti del Karakalpakstan, intitolato a I.V. Savickij, grazie alla rielaborazione del progetto espositivo realizzata dal team cafoscarino.
Il nuovo allestimento, frutto della fusione delle due mostre, diventa in questa nuova veste il più importante museo sull’arte del Novecento di tutto il Centro Asia. La qualità delle opere presenti, le suggestioni visive nel loro accostamento, gli ampi apparati didattici, l’aggiornato uso delle moderne tecnologie multimediali, ne fanno un progetto di grande valore culturale, fissando uno standard avanzato, che segna un passo avanti rispetto alle precedenti modalità di esposizione.
Come per le due mostre veneziana e fiorentina, il progetto di Nukus è stato diretto e curato dalla prof.ssa Silvia Burini e dal prof. Giuseppe Barbieri, direttori del Centro Studi sull’Arte Russa (CSAR) dell’Ateneo, in collaborazione con Zelfira Tregulova, già direttrice della Galleria Tret’jakovskaja di Mosca e con la dott.ssa Maria Redaelli, ricercatrice nel Progetto CHANGES - Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society. L'architetto Massimiliano Bigarello ha progettato e coordinato il rinnovamento dell’impianto. L’iniziativa è stata promossa e sostenuta dalla Fondazione per lo Sviluppo Artistico e Culturale dell’Uzbekistan.
La nuova e importante esposizione, inaugurata venerdì 4 ottobre 2024, riunisce le opere già esposte nelle due tappe italiane, arricchendosi tuttavia di ulteriori opere, tra cui alcuni eccezionali inediti, e offre così una visione ampliata e più completa dell’Avanguardia Orientalis che caratterizza una delle pagine più significative e affascinanti della vicenda artistica internazionale della prima metà del XX sec.
Le due mostre avevano rivelato al pubblico occidentale una straordinaria esperienza di "dialogo" culturale che per almeno tre decenni aveva visto impegnati in Uzbekistan artisti di origine diversa (uzbeki, kazaki, armeni, russi di varia provenienza) e di differente sensibilità: in Asia Centrale tuttavia essi avevano scoperto e attualizzato millenarie tradizioni, nelle produzioni tessili, di decorazione architettonica, in miniature ed ebanisterie; si erano immersi in una sfavillante tavolozza di paesaggi, antiche città, siti archeologici; avevano costruito insieme una originalissima tendenza di Avanguardia.
Le mostre italiane (preparate da scrupolose ricognizioni e con l’aiuto di consolidate esperienze internazionali di ricerca) hanno messo in relazione per la prima volta nella storia le opere del Museo Savickij di Nukus con quelle del Museo Nazionale di Tashkent. In questo modo hanno dimostrato che l’esperienza artistica in Uzbekistan non era l’epitome periferica e attardata dell’Avanguardia russa di inizio secolo, ma piuttosto una specifica e organica Avanguardia Orientalis.