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Groucho - Il cinema con i baffi Radio Ca' Foscari

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Groucho – Il cinema coi baffi è un format d’informazione e intrattenimento sul mondo della celluloide, con approfondimenti particolari dai festival dedicati.
Ogni giorno durante gli eventi più importanti, e a cadenza irregolare durante tutto l’anno, Groucho pubblicherà i suoi podcast con recensioni, interviste e novità sul cinema italiano e internazionale.

A cura dello staff di Radio Ca’ Foscari
Frequenza di pubblicazione: irregolare
Categoria: Media & Tech

 

Scopri gli episodi

Tra il 20 e il 23 marzo si è tenuto a Venezia nella sua 14° edizione il Ca’ Foscari Short Film Festival; la città ha aperto le porte ad ospiti d’eccezione da ogni angolo del globo, tra partecipanti al concorso e giurati di fama internazionali. Tra quest’ultimi era presente anche Joanna Quinn, illustratrice e regista britannica pluripremiata nota per i suoi corti animati tradizionalmente, caratterizzati da un tratto a matita grezzo e un tono estremamente irriverente. 

Abbiamo avuto piacere di scambiare quattro chiacchiere con lei proprio in occasione del festival per parlare un po’ della sua carriera ad oggi, iniziata quasi per caso dopo un momento d’illuminazione durante un corso di graphic design, e dei progetti futuri su cui sta lavorando.

L’intervista è in lingua inglese.

L’amore è l’impulso che ispira la creatività poetica, ma è la morte ad essere il traguardo finale per la guarigione dai mali che affliggono l’essere umano. [...] La morte è il punto d’arrivo del viaggio della vita, capace di liberarci dalla costrizione del tempo per condurci ad un’eternità ideale di pace interiore.”

Il tragico abbraccio tra amore e morte ha trovato rappresentazione in ogni forma d’arte, ed il cinema non è da meno. Talvolta il medium del film offre nuovi spunti di riflessione su questo argomento ormai immortale.

Per l’ultimo episodio dedicato alla 74° edizione della Berlinale, abbiamo invitato ai nostri microfoni Nicolò Grasso, e con lui trattiamo ben quattro pellicole a tema: “My favorite cake", "Another End”, "Demba” e “Love Lies Bleeding". 

Non tutti i film sono amore a prima vista. Per quanto partecipare ai festival del cinema sia divertente, spesso costrizioni di tempo ci portano a fare scelte incredibilmente selettive su cosa andare a vedere e cosa scartare, basate sulla sola premessa delle pellicole — specie quando si tratta di eventi diffusi in varie sedi, come lo è la Berlinale. Ahimè, occasionalmente la natura di questa scelta ci porta a sua volta a vedere film che non sono esattamente nelle nostre corde!

È capitato proprio ai nostri sfortunati inviati alla 74° edizione della Berlinale. In questo secondo episodio dedicato al festival, parliamo di tre pellicole in ordine di gradimento: "Sieger sein" di Soleen Yusef, "Small Things Like This" di Tim Mielants e infine "Gloria!" di Margherita Vicario.

The Human Hibernation Project racconta una società utopica rurale, in cui le linee tra umanità, animali e natura si assottigliano creando un equilibrio più equo. Soggetti ai ritmi naturali dell’ibernazione durante i mesi più freddi dell’anno, gli esseri umani del cortometraggio di Anna Cornudella non hanno più controllo assoluto sull’ecosistema e sono dunque più che mai connessi sia con altre specie animali che con l’ambiente che li circonda: il tutto viene narrato verosimilmente, in pieno stile documentaristico.

In occasione della 74° edizione della Berlinale la nostra Ilaria ha avuto modo di parlare proprio con la regista, e con lei ha approfondito il processo creativo che ha portato alla sua creazione.

L’intervista è in lingua inglese.

L’istituto Festival dei Popoli è stato fondato nel 1959 da un gruppo di sociologi, antropologi ed etnologi al fine di studiare, conservare e promuovere l’arte del cinema di documentazione sociale. In parallelo al mantenimento del proprio archivio e l’organizzazione di numerose attività di formazione per aspiranti documentaristi, l’attività di punta è certamente l’organizzazione dell’omonimo film festival nella città di Firenze, svoltosi lo scorso novembre nella sua 64° edizione: è la rassegna internazionale di cinema documentaristico più antica in Europa, nonché la principale in Italia.

In occasione dell’ultimo incontro del ciclo del 2023 di Carta bianca, abbiamo avuto il piacere di intervistare Alessandro Stellino, direttore artistico del Festival dei Popoli da ormai cinque anni.

“Siamo in un’epoca anche di virtualizzazione delle esperienze, no? E allora il documentario credo che abbia una forza particolare in un’epoca come questa, che ci riporta al reale e alla necessità di percepire l’altro, una sorta di bisogno di contatto con la realtà, ecco, qualunque cosa voglia dire in ambito cinematografico. [...] Il documentario dichiara la necessità di fare i conti col mondo in cui viviamo.”

Nine Antico, classe 1981, è una fumettista, illustratrice e regista francese pluripremiata, che ha preso parte alla giuria dell’edizione 2023 dell’In Laguna Film Festival. Il suo stile, coniugato sia in pellicola che in graphic novel, si distingue per il connubio tra ironia, sensualità e malessere: le sue storie parlano di donne complesse, sfaccettate, tremendamente umane.

“Per me non è stata mai una questione di poter fare altro: non lo volevo, quindi non potevo. Non avrei accettato di non farlo. Non è che da bambina scrivevo tanto, no, ma il fatto di essere molto toccata e di avere sentito questa violenza. Questo aveva bisogno di salire.”

Proprio durante il festival abbiamo avuto modo di parlare con lei dei suoi fumetti recentemente tradotti e pubblicati in Italia - in particolare “Il gusto del paradiso” - nonché quelli ancora ignoti al mercato italiano, come “Coney Island Baby”, “Autel California” ed il più recente “Madones et putaines”. Ma anche di “Playlist”, commedia del 2021 e suo unico lungometraggio, e del suo rapporto con cinema e disegno, forme d’arte che non sono forse tanto distanti quanto pensiamo.

Edith ed Alex, amanti e teatranti, condividono una quotidianità semplice, autentica e tenera. Alain e Frank sono amici d’infanzia; hanno otto anni e le loro aspirazioni sono proiettate lontano dall’entroterra cubano, verso gli Stati Uniti, dove sognano di diventare giocatori di baseball. Milagros è anziana e sopravvive vendendo coni di noccioline: trascorre le sue giornate nel languido conforto di ricordi passati, tra le vecchie canzoni in onda sulla sua radio sempre accesa e le lettere del suo amato, partito per la guerra in Angola e mai tornato. Queste tre narrazioni, declinate in presente, passato e futuro sullo sfondo di una Cuba monocromatica e dove il tempo sembra essersi fermato, sono accomunate dallo spettro della separazione: il paese sta infatti vivendo la sua più grande crisi migratoria della sua storia.

È una realtà comune, che il regista Tommaso Santambrogio conosce bene e che ha influenzato la sua ricerca artistica: e proprio da questa influenza nasce "Los océanos son los verdaderos continentes", il suo primo lungometraggio. 

Lo accogliamo ai nostri microfoni per parlare della pellicola più in dettaglio.

È la notte di Halloween nella città eterna. Le vite di due diversissime adolescenti - Camilla, timida ragazza della Roma bene e la più irruente Alessia, proveniente invece da San Basilio - si incrociano durante una serata in discoteca, interrotta da una violenza da cui entrambe sfuggono. Si ritrovano così a passare insieme tutta la notte: poco a poco le loro differenze non sembrano più poi così irriconciliabili, e le due ragazze si trovano unite da un sincero senso di solidarietà ed empatia mentre esplorano Roma, tanto aperta ed invitante quanto “dura e disperata”. 

Angela Norelli è una giovane regista, sceneggiatrice e montatrice romana diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, cui cortometraggi sono stati presentati e premiati in numerosi festival sia nazionali che internazionali, e cui primo lungometraggio, “Roma, notte dei morti” le è valso il Premio Solinas per Miglior Soggetto.

In questa intervista condotta dalla nostra Sara, abbiamo avuto modo di approfondire le fasi del suo processo creativo.

David Desseville è nato a Névers e durante i suoi studi di cinema a Montpellier ha iniziato ad analizzare il legame tra memoria e cinema. Ha lavorato come primo operatore in molti progetti, tra cui i film di Sophie Letourneur. Nel 2005 gira il suo primo cortometraggio, Ci-git l'amour, seguito due anni dopo dal corto autoprodotto Le Dépeuplé, ispirato a un dramma di Samuel Beckétt. Dirige altri due corti tra il 2008 e il 2013, prima di passare al formato lungo.

Astrakan è il suo primo lungometraggio, presentato in anteprima a Locarno, ha raggiunto poi Venezia per la terza edizione di In Laguna Film Festival. Una storia di adolescenza, di crescita e di esclusione.
Dalla sinossi: Samuel è un orfano dodicenne dai modi selvatici che da qualche settimana è stato messo a balia da Marie. Quest’ultima, sposata con Clément e madre di due figli – Alexis e Dimitri –, si dibatte tra i propri sentimenti e il bisogno di soldi. Ben presto Samuel dovrà fare la conoscenza di questa nuova famiglia e scoprirne i segreti.

Abbiamo incontrato Depesseville alla Casa del cinema di Venezia - Videoteca Pasinetti, prima della proiezione del film. L'intervista è in lingua francese con traduzione simultanea in italiano.

Declan Clarke, nato a Dublino, Irlanda, è un regista e artista. I suoi film sono stati selezionati, tra i vari festival, al FID-Marseille, al Doc Lisboa, al Villa Medici Film Festival, e nel 2016 ha vinto il Premio della giuria alla Biennale di arti grafiche di Lubiana. Il suo medio-metraggio How I become a communist è stato presentato al FID Marseille 2023 e ha partecipato, in concorso, alla terza edizione di In laguna film festival.

Dalla sinossi: una donna tiene acceso il caminetto. Intorno a lei la campagna irlandese. Un testo in sovrimpressione ne svela la storia ancora attuale, segnata dal dominio dell'Inghilterra, che nemmeno la morte della Thatcher ha cancellato. Una voce fuori campo fa riferimento a I musicanti di Brema, dei fratelli Grimm. Da questo ricordo d'infanzia si delinea un'analisi del proprio sottotesto libertario, una storia di solidarietà animale e il desiderio di ribellarsi all'oppressione e all'occupazione.

Abbiamo incontrato Declan Clarke prima della proiezione alla Casa del cinema - Videoteca Pasinetti, per parlare del suo film, dei suoi progetti, e di alcune sue precise scelte stilistiche - a partire dal formato e dall'uso della pellicola.

L'intervista è in lingua inglese.

Se la prima cosa che mi viene in mente quando diciamo Festival del cinema è la bella stagione estiva del Lido di Venezia, beh allora dimenticate tutto: dimenticate il ret carpet, dimenticate l'atmosfera esclusiva di biglietti introvabili e accreditati eletti, ma soprattutto dimenticate i cartellini al collo che mostrano a tutti una qualche appartenenza al Festival del cinema.

Al Torino Film Festival si respira tutt'altra aria. Qui potete imbacuccarvi per bene - viste anche le temperature - e arrivare in sala pronti a godervi i film senza spendere le ore a pensare all'outfit giusto, che tanto - fra il giaccone pesante e fuori e il buio della sala dentro - nessuno si accorgeranno niente. E allora si inizia, sempre con molta calma perché i cinema del festival sono tutti vicini tra loro e le proiezioni ti permetto - di solito - di muoverti senza correre, perché è un festival pensato per la cittadinanza di Torino: le sale scelte per ospitare il Festival non sono stravaganti, ma quelli dei cinema presenti in città che però ogni tanto mostrano gli acciacchi del tempo. Insomma, va bene architettura raffinata del Romano, ma non aspettiamoci l'esperienza della sala innovativa con poltrone dalla seduta larga e confortevole, perché in tal caso si potrebbe rimanere un pochino delusi. Concentriamoci più sul contenuto che sulla forma, perché può capitare che a causa di una pendenza poco pronunciata della sala, bisogna sporgersi verso la fila davanti e chiedere a chi è seduto di non muoversi troppo o di abbassarsi un po'.

Parliamo allora dei film che quest'anno ha visto la nostra Giulia, inviata speciale al TFF 41: di La Palisiada di Philip Sotnychenko, Earth Mama di Savanah Leaf, La Ermita di Carlota Pereda, Holy Shoes di Luigi di Capua.

Nicoletta Romeo è la direttrice artistica del Trieste Film Festival, una rassegna che negli anni ha rafforzato la sua specificità identitaria concentrandosi sul territorio di confine giuliano-dalmata, sui balcani e sulla Mitteleuropa. È anche l'unico festival italiano del cinema ad essere stato fondato e tuttora diretto e presieduto da una donna.
Con lei abbiamo parlato di cinema e di Trieste, ma anche - come sempre ci piace fare - di come lei vede il suo incarico.

"Il direttore artistico è un ruolo, non esattamente un mestiere: il mestiere è organizzare un festival, poi diventare direttore artistico è avere uno sguardo a 360° su tutto quello che è un festival, che vuol dire non solo selezionare i film, ma partecipare a bandi, saper leggere un budget, capire l'organigramma di un festival". Nella visione di Romeo, essere alla direzione artistica non significa essere un'isola, ma saper lavorare in squadra e avere la responsabilità "non solo della selezione finale, ma ha anche una responsabilità nei confronti delle persone che collaborano a selezionare i film e degli altri dipartimenti".

Abbiamo incontrato Nicoletta Romeo a margine dell'incontro di Carta Bianca - Reframing Film Festivals dedicato proprio al TSFF e al suo ruolo di "zona franca per tutti quegli autori che hanno subito censure o non erano liberi completamente di esprimersi".

Il Lovers Film Festival è la seconda kermesse cinematografica di Torino, ed è specializzato nella proposta di film con tematiche LGBTQ+ - in tal senso, è il festival a tema pià longevo d'Italia. Ad aprile giungerà alla sua trentanovesima edizione, la quinta diretta da Vladimir Luxuria, secondo cui luogo e festival sono strettamente legati: "Il movimento LGBT ha radici profonde nella città di Torino, è una città molto attiva, molto sensibile".

Ma il lavoro di direzione artistica non si limita solo a una quota di rappresentanza: "Essere famosi non ti dà la chiave per organizzare un festival, ma [...] ho sempre avuto la capacità di fare squadra, e mi sono dotata di una grande squadra con grande cultura cinematografica", perché, dice Luxuria "cerco di produrre un prodotto culturale della città, con una buona offerta e un indotto economico. Il cinema fisico è anche questo", ed è importante che il Lovers Film Festival sia una rassegna in presenza perché "è cinema di militanza, è un festival di incontro".

Abbiamo incontrato Vladimir Luxuria a margine dell'incontro di Carta Bianca - Reframing Film Festivals, che si è tenuto al cinema Rossini l'8 novembre 2023 e che è stato dedicato ovviamente al LFF.

“C’è qualcuno che ha guardato quelle immagini prima di noi, e su quelle immagini, a partire dal suo sguardo, ha fatto un’analisi, un ragionamento, delle ipotesi, ha costruito delle storie, ha immaginato dei passati.”

Nato a Bologna nel 2008, Archivio aperto è partito come una giornata di apertura dell’archivio ma si è ormai da anni evoluto in un film festival dedicato ad opere “ai margini della storia del cinema ufficiale”: il cinema in piccolo formato, dalle pellicole sperimentali a quelle amatoriali, fino ad arrivare a filmati diaristici o familiari, riadattati e resi accessibili al pubblico.

In occasione della rassegna cinematografica Cartabianca, Sergio Fant, co-direttore di Archivio aperto, ci ha parlato dell’origine e dello spirito del festival.

Riprende anche per la stagione 23-24 il ciclo di incontri Cartabianca-Reframing film festival, organizzato dal prof. Marco dalla Gassa di Ca' Foscari e dal prof. Carmelo Marabello di IUAV.
Una nuova stagione che riparte alla grande, con l'intervento di Carlo Chatrian, direttore del festival internazionale del cinema di berlino.

Grazie al prezioso aiuto di Sofia Coppola, Dianora Hoffman e Noemi Petrasso - studentesse di cinema a Ca' Foscari - abbiamo chiesto a Chatrian alcune riflessioni sulla sua idea di festival e sul suo approccio al cinema, partendo dalla sua esperienza proprio come direttore della Berlinale e su come vede la figura stessa del direttore.

Photophobia è un film presentato alla Mostra del cinema nella sezione Giornate degli autori. È ambientato durante la guerra in Ucraina, e parla di un gruppo di rifugiati costretti a vivere nel tunnel della metropolitata.

Photophobia: un quasi documentario
I registi Ivan Ostrochovský e Pavol Pekarčík propongono un film sempre in bilico tra verità e verosimiglianza, che mescola materiale documentaristico a riprese di finzione.
Li abbiamo incontrati al Lido per fare loro qualche domanda sul loro lavoro.

Dopo aver solevato i nostri dubbi sulla salute del cinema italiano, in questa puntata ci occupiamo finalmente di film nostrani che ci sono piaciuti.

Bianco rosso verde
Non solo però: le tre recensioni dell'episodio hanno in comune i colori della bandiera, ma il terzo incomodo è un film ungherese.
Cliccate play e sentite la nostra su FelicitàEl ParaisoUna spiegazione per tutto.