Turismo digitale e digitalizzazione delle imprese femminili: a che punto siamo?

L’innovazione tecnologica sta assumendo un ruolo sempre più importante nell’evoluzione del mercato turistico, ma anche nello sviluppo delle imprese del settore. In tale ambito, le imprese gestite da donne mostrano una crescente sensibilità ad investire in digitalizzazione, in particolare subito dopo la pandemia, ma affrontano anche tutta una serie di difficoltà che non vanno sottovalutate.

Questi i principali temi emersi dall’intervento di Valeria Minghetti, responsabile area ricerca del CISET, nel corso del convegno “Le donne nella transizione digitale per il turismo”, organizzato da Crescita e Veneto Experience, in collaborazione con Progetto Donne Veneto, nell’ambito del Festival Merawilia  tenutosi a Valdobbiadene il 30 ottobre scorso.

In Italia, secondo i dati Unioncamere-Istituto Tagliacarne, sono circa 1,3 milioni le imprese femminili e, di queste, il 7% sono in Veneto. Un terzo è attiva nell’ambito dell’alloggio, della ristorazione e dei servizi turistici in genere -  a conferma del ruolo delle donne in questo settore - mentre il 23,4% nella cultura e intrattenimento. Si tratta, in prevalenza, di aziende piccole (inferiori ai 9 addetti) e le imprese gestite da giovani imprenditrici sono l’11% del totale. Nel mondo delle startup turistiche, invece, i dati dell’Associazione Start Up Turismo evidenziano come il 25% sono state create da donne.

Come ha evidenziato Minghetti - citando sempre i dati Unioncamere-Tagliacarne -, la crisi pandemica ha influito per il 46% delle imprese femminili sulla decisione di investire in digitalizzazione e sull’ammontare dell’investimento (contro il 38% di quelle gestite da uomini), in particolare per migliorare il proprio sito web e la presenza sui social media.

Dopo il 2021, tuttavia, questa spinta pare in fase di rallentamento: l’80% delle imprese femminili lamenta, infatti, una serie di difficoltà, contro il 76% di quelle maschili. Tra le principali barriere: le insufficienti risorse finanziarie, sia in termini di fondi propri che di possibilità di accesso a finanziamenti esterni (bancari o agevolazioni pubbliche); i costi elevati delle tecnologie; la mancanza di cultura digitale e quindi di scarsa consapevolezza circa l’impatto positivo che gli investimenti digitali hanno in termini di competitività; la mancanza di competenze digitali all’interno dell’imprese e la difficoltò di reperirle sul mercato del lavoro: la difficoltà a relazionarsi con altre imprese e con le università, come occasioni di scambio e di supporto alle decisioni.

Sottolineata anche l’importanza di specifiche iniziative formative all’interno dell’azienda, che per le imprese riguardano in primis la figura dell’imprenditrice (47%) e poi anche i dipendenti (13%).