Coronavirus e inquinamento: tante ipotesi, poche certezze

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Coronavirus: nitrogen dioxide emissions over Italy. Contains modified Copernicus Sentinel data (2020), processed by ESA, CC BY-SA 3.0 IGO

La distribuzione geografica dell’epidemia nelle prime settimane e alcuni studi ripresi dai media hanno sollevato l’ipotesi di una associazione tra inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione della malattia Covid-19, una questione scientifica su cui lavorano moltissimi ricercatori in Italia ed all’estero.

La Società Italiana di Aerosol, che riunisce 150 esperti da università, agenzie regionali e aziende, interviene raccomandando prudenza perché c’è il rischio di scambiare coincidenze per relazioni causa-effetto ancora tutte da dimostrare.

Facciamo il punto su cosa è scientificamente acclarato e cosa richiede ulteriori studi con Andrea Gambaro, professore di Chimica analitica a Ca’ Foscari e membro del consiglio direttivo della Società Italiana di Aerosol.

Il particolato fa male alla salute? Noto

Scrivono Gambaro e gli altri esperti della Società Italiana Aerosol: “E’ noto che l’esposizione, più o meno prolungata, ad alte concentrazioni di PM aumenta la suscettibilità a malattie respiratorie croniche e cardiovascolari e che questa condizione può peggiorare la situazione sanitaria dei contagiati. Queste alte concentrazioni sono frequentemente osservate nel nord Italia, soprattutto nella Pianura Padana, durante il periodo invernale”.

La Covid-19 si diffonde dove l’aria è inquinata? Ignoto

“Ad ora non è stato dimostrato alcun effetto di maggiore suscettibilità al contagio alla Covid-19 dovuto all’esposizione alle polveri atmosferiche. E’ parziale e prematura l’affermazione che esista un rapporto diretto tra numero di superamenti dei livelli di soglia del PM e contagi da Covid-19. L’effetto dell'inquinamento da PM sul contagio da Covid-19 rimane - allo stato attuale delle conoscenze - un’ipotesi che dovrà essere accuratamente valutata con indagini estese ed approfondite”.

Video pubblicato dall'agenzia spaziale europea ESA

Il particolato trasporta il virus? Ignoto

E’ stato ipotizzato che il particolato atmosferico possa agire come substrato “carrier” per il trasporto del virus aumentando così il ritmo del contagio. “Questo aspetto non è confermato dalle conoscenze attualmente a disposizione, così come non sono ancora del tutto noti il tempo di vita del virus sulle superfici ed i fattori che lo influenzano”, risponde Gambaro.

Il meteo della Pianura Padana favorisce il virus? Possibile, ma ignoto

“E’ possibile che alcune condizioni meteorologiche, tipicamente presenti nel nord Italia in questo periodo, quali la bassa temperatura e l’elevata umidità atmosferica, possano creare un ambiente che favorisce la sopravvivenza del virus - scrivono gli esperti - Queste condizioni che, in genere, coincidono con una situazione di stabilità atmosferica intensa, favoriscono la formazione di particolato secondario e l'incremento della concentrazione del PM in prossimità del suolo. La covarianza fra condizioni di scarsa circolazione atmosferica, formazione di aerosol secondario, accumulo di PM in prossimità del suolo e diffusione del virus non deve, tuttavia, essere scambiata per un rapporto di causa-effetto. Nel caso di sistemi complessi come quello con cui abbiamo a che fare, l’interpretazione delle correlazioni semplici (cioè quella tra due serie temporali) non indica necessariamente un rapporto causa-effetto”.

Perché ridurre l’inquinamento? Noto

“La proposta di misure restrittive di contenimento dell’inquinamento come mezzo per combattere il contagio è, allo stato attuale delle conoscenze, ingiustificata, anche se è indubbio che la riduzione delle emissioni antropiche, se mantenuta per lungo periodo, abbia effetti benefici sulla qualità dell’aria e sul clima e quindi sulla salute generale”, concludono gli esperti della Società Italiana Aerosol.

Enrico Costa