Network sociali e recupero sostenibile, il caso Marghera

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L'area del parco scientifico e tecnologico di Marghera diventa caso di studio sul processo di recupero sostenibile di siti ex industriali dismessi.

Il sociologo Filip Alexandrescu, ricercatore “Marie Curie” a Ca’ Foscari, lo ha analizzato con approccio interdisciplinare, lavorando al fianco degli scienziati del Campus Scientifico cafoscarino, applicando l’analisi delle reti sociali alla rigenerazione sostenibile

Dal complesso network di relazioni tra i tanti “portatori di interesse” coinvolti nel lungo processo di recupero emerge una certa distanza tra molti degli attori coinvolti e i responsabili delle decisioni. “In generale una lezione da trarre da questo caso è che un’ampia condivisione delle strategie di recupero è importante per il successo del progetto - commenta il ricercatore - ma per costruire questo contesto favorevole bisogna costruire ponti e relazioni”.

La visualizzazione di un network sociale (nell'immagine sotto quella elaborata da Alexandrescu) rivela non solo chi è coinvolto nel processo di rigenerazione, ma anche dove ogni attore è posizionato in rapporto agli altri. Alcuni attori si trovano al centro della rete, ad esempio, perché connettono altri non a loro volta interconnessi. Vengono evidenziati gli intermediari, posizionati tra diversi attori. Inoltre, la mappa del network permette di identificare gli stakeholder che potrebbero avere idee utili nel processo di rigenerazione, ma non sono posizionati nel modo migliore per renderle note. Proprio gli intermediari possono giocare un ruolo essenziale nel far conoscere le proposte degli attori sconnessi e diffondere quindi innovazione.

Il risultato principale della ricerca, durata un anno e finanziata dalla borsa europea Marie Curie (Intra European Fellowship, FP7), ha riguardato proprio lo sviluppo di un metodo per migliorare la comprensione della comunicazione e delle relazioni tra gli attori coinvolti nei progetti di riqualificazione di “brownfield”, ovvero aree dal passato industriale, abbandonate e in molti casi contaminate, ma dal grande potenziale di sviluppo dovuto alla loro posizione.

Candidato ideale a questo tipo di analisi è stata quindi l’Area 2 di Porto Marghera: 8,8 ettari un tempo impiegati dall’Agip come deposito di carburanti. La bonifica dell’area iniziò nel 1998 con la tecnologia “biopile”, cioè rimuovendo gli idrocarburi sfruttando la digestione batterica. Con questo metodo sono state bonificate 34mila tonnellate di terreno, trasformando un sito inquinato in un luogo strategico affacciato sulla laguna. Lì, nel 2012, è iniziata la costruzione di quello che sarebbe diventato il padiglione veneziano per l’Expo 2015

Originario della Romania, Filip Alexandrescu è arrivato a Ca’ Foscari dopo il dottorato in Sociologia all’Università di Toronto e alcuni anni nel centro di ricerca ambientale Helmholtz di Lipsia. Ha portato a compimento il progetto NEXSUS (Network-based Expert-Stakeholder Framework for Sustainable Remediation) sotto la supervisione di Andrea Critto, professore al Dipartimento di Scienze ambientali, Informatica e Statistica. Dopo l’esperienza di sociologo “paracadutato” tra scienziati dell’ambiente, Alexandrescu punta a sviluppare a Ca’ Foscari il proprio percorso di ricerca interdisciplinare grazie al programma Marie Curie Plus One.

Enrico Costa