Chemioterapia: da Ca’ Foscari un brevetto per farmaci meno tossici

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Un gruppo di ricerca dell’Università Ca’ Foscari Venezia scopre una nuova classe di composti al palladio da impiegare nello sviluppo di potenziali farmaci antitumorali mirati e molto meno tossici di quelli in uso.

Grazie allo studio dei ricercatori cafoscarini - Fabiano Visentin, Thomas Scattolin, Enrica Bortolamiol e Flavio Rizzolio - sarà possibile combattere efficacemente vari tumori tra i più comuni e aggressivi senza particolari effetti collaterali, sostituendo con il palladio i metalli spesso dannosi in uso in queste terapie.

Circa la metà delle cure chemioterapiche odierne si basa infatti su composti del platino, un metallo alla base di sostanze antitumorali come il cisplatino e suoi derivati di seconda e terza generazione (carboplatino ed ossaliplatino), in uso fin dalla fine degli anni ’70 nonostante mostrino in molti casi una significativa tossicità per i reni e il sistema nervoso. Nuove cure a base di palladio, potrebbero invece colpire in modo più mirato le cellule cancerogene, limitando le controindicazioni per le cellule sane, come dimostrato dai test condotti nei laboratori di Ca’ Foscari.

“Il platino utilizzato contro il cancro e non assorbito dall’organismo può indurre fenomeni di resistenza alla cura, o risultare inefficace verso alcuni tipi di masse tumorali” spiega il prof. Fabiano Visentin, docente al dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi e coordinatore del gruppo di ricerca di chimica organometallica e bio-organometallica. “Per questo motivo, molti ricercatori hanno recentemente orientato i loro studi verso composti di metalli diversi dal platino. Negli ultimi anni il nostro gruppo si è concentrato sul palladio, un metallo da cui abbiamo sintetizzato una nuova classe di composti chimici più efficaci nell’uso clinico su molte linee cellulari tumorali, e meno tossici nei confronti di cellule estratte da tessuti sani.”

Questa inedita e rara classe di composti si è dimostrata inaspettatamente stabile per lo stato di ossidazione in cui si trova il metallo ed è stata testata come agente antiproliferativo su alcuni dei tumori più aggressivi, quali quelli delle ovaie, dell’utero, del colon e dei polmoni, ottenendo risultati molto incoraggianti.

Il gruppo di ricerca ha prontamente brevettato la scoperta e procede ora con ulteriori test pre-clinici e clinici per definirne meglio le potenzialità: si passa dallo studio su semplici colture cellulari a sistemi biologici più complessi, quali gli organoidi e i tumoroidi , ovvero organi miniaturizzati, prodotti in vitro con cellule estratte da pazienti reali. Una fase promettente che potrebbe preludere a una produzione su più vasta scala dei farmaci, in forma di soluzioni endovenose, intramuscolari o sottocutanee, capsule o compresse.

Alcuni dei risultati sull’efficacia dei composti sono stati pubblicati o sono in via di pubblicazione su riviste internazionali di elevato impatto, quali Science Direct e la Royal Society of Chemistry, avvalendosi delle collaborazioni dei gruppi del prof. Antonio Togni (Politecnico di Zurigo) e del prof. Roberto Gambari (Università degli Studi di Ferrara). L’invenzione è stata inoltre selezionata da Netval, il network che riunisce le principali Università ed enti di ricerca italiani, come una delle dieci tecnologie più innovative nel campo delle Scienze della Vita: sarà presentata il 27 e 28 aprile a Monaco di Baviera in occasione dell’evento internazionale di business-matchmaking BioVaria.

Hélène Duci