Africa ed Europa: costruire legami, tra identità, rappresentazione e nuove opportunità

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Nel 2013 le Nazioni Unite hanno stabilito che gli anni tra il 2015 e il 2024 avrebbero costituito il Decennio Internazionale per le Persone di Discendenza Africana: un atto non solo simbolico, ma rivolto anche all’aumento della cooperazione tra Nazioni Unite, singoli Stati, e società civile, con l’obbiettivo concreto di combattere razzismo, discriminazione ed disuguaglianza.
È in questo contesto che l’International Centre for the Humanities and Social Change dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, insieme all’organizzazione non-profit Progressi, ha organizzato il workshop “Afropean Bridges”: una giornata di incontri dedicati alla collaborazione tra Africa ed Unione Europea, e una riflessione collettiva e partecipativa sulle dinamiche sociali e culturali legate ai rapporti post-coloniali tra i due continenti.
L’Università Ca’ Foscari di Venezia ha una lunga storia di apertura verso nuove culture, tra le quali quelle dell’Asia, del Medio Oriente e dell’Africa mediterranea. Negli ultimi anni  l’Ateneo ha deciso di rafforzare i suoi legami anche con la parte Subsahariana del continente, tramite eventi culturali, progetti di tirocinio e partnership con Università selezionate. Questo processo di avvicinamento è in continua evoluzione: è in programma infatti l’attivazione di una sperimentazione triennale dell'insegnamento delle lingue dell'Africa Subshariana, in particolare l'Amarico e lo Swahili.

L’evento si è svolto il 20 aprile, ed ha visto la partecipazione di numerosissimi relatori, suddivisi in due “panel”; la mattina è stata rapporti dedicata ai rapporti economici e politici tra Africa ed Unione Europea, di cui hanno discusso Maud Arnould, “Africa Advisor” alla Commissione Europeo per lo Sviluppo, Alex Nkosi, analista politico per la Rete Africana delle Associazioni Sindacali dello Sviluppo (Africa Trade Union Development Network), Elisa Carli, membro di Uniafrica, e Moulaye Niang, fondatore di Muranero.
Moderatrice: Lucy Lamble, direttrice esecutivo per lo sviluppo sostenibile al The Guardian. s

Molti i temi affrontati: primo fra tutti quello del commercio, dato che l’Africa è un continente ricchissimo ed estremamente vario, che potrebbe aumentare esponenzialmente la ricchezza e il benessere dei suoi abitanti, se non fosse frenato da enormi ostacoli quali terrorismo, emigrazione e minacce legate al cambiamento climatico. In molti Stati Africani giovani imprenditori stanno cercando di creare piccole industrie, per trasformare un’economia basata essenzialmente sull’esportazione di materie prime in un mercato più diversificato; senza una moneta comune e senza il supporto dello Stato, però, le loro speranze sono spesso troncate sul nascere. Fortunatamente ci sono associazioni come Uniafrica, che promuovono collaborazioni istituzionali tra aziende italiane e partner africani, sviluppando reti di conoscenze basate sulla fiducia, e combattendo la disinformazione che troppo spesso condiziona negativamente potenziali collaborazioni. L’Unione Europea inoltre è costantemente impegnata in operazioni di pace e di collaborazione economica, dato che l’Africa è ormai un partner indispensabile ai nostri mercati.
Durante la conferenza è stata evidenziata inoltre l’importanza di garantire un’istruzione e un coinvolgimento nella società civile alla popolazione giovanile africana, e il valore della divulgazione culturale, per superare i pregiudizi che si stanno diffondendo in Europa rappresentando l’Africa in modo corretto, senza sensazionalismi.

Nel pomeriggio invece il focus si è spostato su un fenomeno tristemente noto in Europa, l’afrophobia, e sulle disuguaglianze e la discriminazione che purtroppo sono in crescita in molti stati dell’UE. Un altro tema chiave della conferenza è stato quello dell’identità delle persone Afro-Europee, una realtà complessa e sfaccettata che viene spesso rappresentata attraverso stereotipi o ritratti non veritieri. L’obbiettivo del workshop era proprio quello di contribuire allo sviluppo di una narrativa alternativa, per combattere specialmente i preconcetti legati alla migrazione, alla povertà, allo sviluppo e ai diritti umani.
Alla tavola rotonda hanno partecipato Cécile Kyenge, membro del Parlamento Europeo, Karen Taylor, rappresentante della Rete Europea contro il Razzismo, Mussie Zerai, fondatore dell’ONG Habesha e candidato al Premio Nobel per la Pace, Pape Diaw, scrittore e giornalista, Ada Ugo Abara, fondatrice di “Arising Africans” e Leaticia Ouedraogo, giovane studentessa Cafoscarina; il dibattito è stato moderato dalla giornalista di RaiNews24 Veronica Fernandes.

Come gli ospiti hanno illustrato, l’afrophobia trova le sue radici in una retorica neocoloniale e paternalista, ed è indirizzata verso le persone di provenienza o discendenza africana; eppure ancora oggi è un termine desueto, al contrario di “antisemitismo” o “omophobia”, e viene spesso sostituita con l’idea generale di “razzismo”. Invece è importante riconoscere questo fenomeno specifico, che condiziona le vita delle persone africane o afrodiscendenti in moltissimi aspetti, dalla ricerca di un lavoro, alle aggressioni da parte della polizia, a veri e propri casi di “race profiling” da parte delle istituzioni. Istituzioni che non dovrebbero essere contaminate da questo tipo di pregiudizi e retorica, e che sta a noi salvaguardare, sforzandoci ogni giorno di combattere ed opporci a discordi d’odio.
È importante inoltre riconoscere la complessità e la differenza delle varie culture africane, ed approcciarle in modo paritario: negli ultimi decenni infatti, anche coloro che avrebbero voluto opporsi alla discriminazione, hanno in qualche modo “folklorizzato”, e di conseguenza banalizzato, alcuni aspetti della cultura africana e della realtà della migrazione; questi temi così articolati invece meritano di essere raccontati e conosciuti nella loro interezza, riconoscendo loro una giusta dignità.

 

A cura di Teresa Trallori