Cafoscarini ‘a casa’ all’estero. I racconti da Svezia, Malta e Belgio

condividi
condividi

Allo scoccare del DPCM del 9 marzo 2020, con le misure urgenti per contenere il contagio da SARS-CoV-2, gli italiani all’estero potevano scegliere se restare o tornare in Italia. I cafoscarini Marika Carlucci (Bruxelles), Maddalena Sgreva (La Valletta) e Thomas Triangeli (Stoccolma), impegnati in un tirocinio curriculare presso le Rappresentanze diplomatiche italiane all’estero, hanno deciso di continuare il loro progetto formativo. Ci hanno spiegato perchè e ci hanno raccontato la loro personale esperienza di lock down.

 

Marika Carlucci, Bruxelles

Per Marika, in stage presso la rappresentanza permanente dell’Italia all’UE, restare in Belgio è stata una scelta ‘quasi obbligata’: 

“Ho deciso di rimanere a Bruxelles per delle ragioni pratiche: tornare a casa avrebbe significato espormi a maggiori rischi e, con me, la mia famiglia al mio ritorno. A ciò si aggiunge che c’erano delle questioni amministrative legate all’appartamento dove vivo da risolvere e che comunque qui sto bene e ho già iniziato a muovermi per trovare altre opportunità professionali”. Il Belgio ha seguito le misure adottate dall’Italia con una settimana di “ritardo”, applicandole però in maniera più “soft”. “Il telelavoro è stato raccomandato a partire dal 16 marzo, data nella quale anche bar e ristoranti sono stati chiusi. I negozi non essenziali hanno chiuso solo la settimana successiva. È inoltre possibile svolgere attività fisica all’aperto e frequentare i parchi senza problemi, anche in coppia (poiché l’altra persona sia un convivente). Per quello che posso vedere in questi giorni almeno nel mio quartiere, a parte il panico iniziale con supermercati vuoti e code per entrare in farmacia dei primi giorni, la situazione è abbastanza normale. Non ci sono canti dai balconi (anche perché la maggior parte delle case non ne sono dotate) ma tutti i giorni alle 20 vi è un applauso per ringraziare gli operatori sanitari, spesso accompagnato da rumori di padelle. Per quanto ho potuto vedere e leggere sui media locali, la popolazione non è sembrata subito ricettiva dei provvedimenti. L’adozione di misure più rilassate rispetto ad altri Paesi e soprattutto il tempo inaspettatamente soleggiato e caldo hanno incoraggiato la frequentazione in massa dei parchi con una debole reazione iniziale dalla parte delle autorità, ora presenti in maniera più cospicua. Per il resto, anche qui le librerie hanno organizzato servizi a domicilio e molti ristoranti sono comparsi su applicazioni quali UberEats o Deliveroo.” 

 

Maddalena Sgreva, La Valletta

Maddalena sta effettuando lo stage all’Istituto Italiano di Cultura de La Valletta, e per lei il ritorno sarebbe stato poco ragionevole “innanzitutto perché la situazione a Malta in termini di contagi è migliore rispetto a quella italiana. Inoltre non volevo interrompere il mio tirocinio ma finirlo secondo i programmi stabiliti”. Descrive così la situazione nell’isola: “Le misure di prevenzione adottate dal governo maltese prevedono la chiusura di scuole e la maggior parte di luoghi pubblici quali ristoranti, bar e negozi con il blocco dei voli in entrata ed in uscita dal paese. Tuttavia però nella maggior parte dei casi si rivelano provvedimenti fittizi perché nessuno sembra veramente curarsi di rispettare distanze di sicurezza o simili ed eccetto per chi si trova senza lavoro, la vita sembra proseguire piuttosto normalmente. In generale direi che, per fortuna, la popolazione sta affrontando la situazione in maniera serena senza farsi condizionare troppo da allarmismi e sentimenti di panico provenienti da altri paesi. La gente non rinuncia a uscire di casa per fare una passeggiata sul lungo mare, prendere un gelato o gustarsi il tramonto sulla spiaggia. La paura non sembra farsi eccessivamente sentire e questo influisce positivamente sulle vite di ognuno”.

 

Thomas Triangeli, Stoccolma

Dall’Ambasciata italiana a Stoccolma, Thomas spiega che “allo scoppio dell’emergenza non mi è stato detto di rientrare, bensì di iniziare a lavorare da casa in modalità smart-working. Sono più di tre settimane che lavoro in questo modo”. Rispetto ad altri Paesi europei, la Svezia ha adottato fino ad ora una linea “morbida” rispetto alle misure di contenimento. “Ad oggi sono vietati gli assembramenti per più di 50 persone, licei ed università sono chiusi anche se asili e scuole elementari sono ancora aperti. C’è una grossa campagna di informazione su radio, TV, giornali e social media: le autorità competenti incoraggiano a rimanere a casa anche solo per un leggero raffreddore, lavare spesso le mani, evitare i posti affollati e non far visita agli anziani e ai soggetti più a rischio. Anche se i negozi sono ancora aperti ci sono poche persone per le strade; molti preferiscono fare una passeggiata immersi nella natura o rimanere a casa. La popolazione ascolta molto attentamente quanto viene detto dal governo e dalle autorità sanitarie. In ogni discorso, il Primo Ministro chiede a tutti di essere responsabili, per se stessi e per gli altri e, per quello che posso vedere da TV e giornali, le persone qui stanno rispettando le raccomandazioni. Per quando possibile, si cerca di continuare la vita di tutti i giorni, lavorando da casa”. 

Abbiamo chiesto a tutti e tre di raccontarci la loro ‘giornata tipo’.

Thomas: “La mattina mi sveglio e dopo una veloce colazione apro la mia casella di posta elettronica. Ogni giorno programmo quello che dovrò fare durante la giornata, coordinandomi con i colleghi insieme ai quali lavoro. Dopo aver letto le notizie principali dei giornali, seguo le conferenze stampa delle autorità sanitarie svedesi, del governo, del Consiglio Europeo, del Parlamento Europeo per elaborare dei brevi testi che invio ogni giorno all’Ambasciatore e al Primo Segretario. A volte mi capita di dover tradurre qualche testo dallo svedese all’italiano e viceversa, soprattutto per aggiornare il sito web dell’Ambasciata”. 

Maddalena: “Le giornate passate in Istituto erano davvero intense, un ambiente vivo e dinamico laddove iniziative ed eventi per la promozione della cultura italiana erano all’ordine del giorno. Purtroppo dalla metà di marzo abbiamo dovuto chiudere le porte al pubblico e proseguire con il lavoro da remoto, che significa non potersi staccare mai da computer e telefono, chiamate e video ogni ora, che mal di testa! Soprattutto per me che non amo utilizzare social media e tecnologie varie, mi sono dovuta adattare a questo mondo perennemente online. Tuttavia riesco sempre a ritagliarmi un paio di ore per fare una passeggiata o rilassarmi guardando la tv con i miei coinquilini”.

Marika: “Cerco di avere una routine che mi dia la parvenza di mantenere la mia quotidianità. Al mattino mi preparo e mi vesto, dopodiché apro il pc e controllo le mail. Se c’è qualcosa da fare per il lavoro lo faccio (e ciò vale per tutto l’orario lavorativo 9.30 - 17.30), altrimenti avanzo con la scrittura della tesi, studio arabo o seguo corsi online che possono sembrare interessanti. Cucino e prima di cenare con i coinquilini mi alleno, per poi leggere, guardare film o videochiamare qualcuno in serata. La spesa cerco di farla una volta sola a settimana per non uscire troppo, anche se a volte, quando il tempo è bello, una passeggiata la faccio, visto che il governo belga lo permette”. 

Federica SCOTELLARO