L'uomo causò estinzioni già 13 mila anni fa: la scoperta a Rancho La Brea

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Panthera atrox - La Brea Tar Pits Museum. Credits: Ed Bierman from CA, usa, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Elena Ghezzo, paleontologa dell’Università Ca’ Foscari Venezia, è l’unica ricercatrice italiana nel team internazionale che ha contribuito alla scoperta sul probabile impatto dell’uomo nella estinzione di 7 specie di megafauna, tra cui lo smilodonte e il leone americano, circa 12.900 anni fa nell’odierna California. Lo studio, coordinato dai massimi esperti americani sulla paleontologia e la palinologia dell’area, è stato pubblicato nella serata di ieri su Science.

“Questo studio correla per la prima volta i dati relativi alla presenza di 7 specie datate con il metodo della radiodatazioni assoluta con dati palinologici e la  frequenza di carbone nelle immediate vicinanze del sito di Rancho La Brea - spiega Elena Ghezzo - emerge che, mentre il bradipo gigante e i camelidi scompaiono in un periodo precedente, tutte le altre specie di grandi mammiferi come lo smilodonte (un felino dai denti a sciabola), lupo americano, il bisonte e il cavallo americano, il leone americano, con l’eccezione del coiote, scompaiono attorno a 12.900 anni fa, subito prima dell'inizio del Younger Dryas (un periodo relativamente breve ma molto freddo).

L'aumento della frequenza del carbone, indice di incendi, si concentra in un arco temporale che inizia circa 13.300 anni fa e dura per circa 500 anni. In questo arco di tempo, oltre alla scomparsa dei grandi mammiferi considerati nello studio, la vegetazione cambia completamente andando irrimediabilmente verso un ambiente più aperto e secco.

La presenza di carboni è statisticamente correlabile con la stima dell'aumento della presenza umana, quindi l'uomo ha probabilmente avuto un ruolo attivo nella modifica dell'ambiente e nella scomparsa delle specie recuperate a Rancho La Brea”.

Il sito di Rancho La Brea è uno dei giacimenti più ricchi per quanto riguarda il recupero di mammiferi nord americani databili tra il pre-massimo glaciale e l'Olocene (ultimi 50 mila anni e più). Lo studio del deposito non è stratigrafico, cioè non è possibile datare i reperti in base alla profondità del ritrovamento, perché il bitume che ha catturato gli animali, semiviscoso, ha continuamente rimescolato le ossa. Oggi però il metodo della radiodatazione ha permesso di definire l'età assoluta di alcune specie recuperate, definendo l'arco temporale della loro presenza e scomparsa nel panorama californiano.

Elena Ghezzo ha contribuito alla studio fornendo parte dei dati delle radiodatazioni fatte sul leone americano, Panthera atrox, svolte durante il progetto REFIND, finanziato dalla Commissione europea attraverso il programma Horizon 2020 e un grant Marie Skłodowska-Curie.

“Sto revisionando la specie anche sotto il profilo morfologico e per l'interazione con le altre specie coeve. - aggiunge la paleontologa - Il leone è una specie rara nel nuovo continente, frequentemente rappresentato da pochissimi resti che presenta una divergenza evolutiva rispetto sia al leone delle caverne europeo che ovviamente il leone attuale”.