Climate Bond: sono investiti in maniera efficiente?

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I Climate Bond, strumenti finanziari a reddito fisso emessi per raccogliere finanziamenti per il cambiamento climatico, stanno realmente funzionando? Ci stanno effettivamente aiutando a raggiungere lo scopo di ridurre le emissioni? Se lo è chiesto uno studio condotto dalla professoressa Marcella Lucchetta, docente del Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia pubblicato sulla rivista Journal of Environmental Management dal titolo Climate bonds: Are they invested efficiently? che ha rivelato come non siano efficienti come ci si aspettava nel raggiungere lo scopo prefissato.

Il raggiungimento dell’obiettivo Net-Zero, definito dalle Nazioni Unite come la "riduzione delle emissioni di gas a effetto serra il più vicino possibile allo zero, con il riassorbimento delle emissioni rimanenti dall'atmosfera, dagli oceani e dalle foreste", dipende fortemente dalla transizione verso metodi ecologici, rendendolo una priorità assoluta. La transizione richiede organizzazione Globale e soprattutto ingenti investimenti. Per questo sono stati creati i green bond, ed in particolare i climate bond che sono obbligazioni la cui emissione è legata a progetti che hanno un impatto positivo sull’ambiente.

La ricerca condotta dalla Professoressa Marcella Lucchetta, utilizzando un rigoroso metodo statistico con dati Mondiali dal 2014 al 2022 divisi per aree geografiche e controllando per il reddito procapite, ha rilevato che ciascun continente dovrebbe investire almeno il 2% in più pro capite ogni anno in Climate Bonds, per raggiungere gli obbiettivi climatici essenziali al raggiungimento del Net-Zero. 

In particolare i risultati mostrano che, a livello Mondiale i Climate Bond sono sottoutilizzati nelle aree con un maggiore utilizzo pro capite di combustibili fossili e i paesi ad alto reddito stanno gradualmente riducendo la loro dipendenza dai combustibili fossili, mentre i paesi a basso reddito ne hanno sempre utilizzato molto poco (ma con una previsione di crescita futura). 

L’allocazione delle risorse finanziarie sotto forma di Climate Bond per la transizione verde dovrebbe considerare l’uso pro capite di combustibili fossili, nonché l’eterogeneità della crescita demografica e il diverso sviluppo economico macroregionale. I paesi in via di sviluppo, con le loro grandi popolazioni, avranno bisogno in futuro di maggiori risorse finanziarie per una transizione verde eticamente accettabile.

I risultati e le conseguenze della ricerca sono importanti perchè dimostrano investimenti per la sostenibilità elevati nelle aree sviluppate dove vi è relativamente meno bisogno (es. paesi del nord Europa) e molto bassi, quasi insignificanti nei paesi emergenti ed in via di sviluppo che utilizzano maggior combustibili fossili

In sintesi, se i regolatori, i policy maker, vogliono raggiungere la riduzione delle emissioni e l’obiettivo Net-Zero attraverso i green e climate bond, devono sapere che ci collochiamo al di sotto del 2% rispetto alle previsioni.

C’è da rilevare che il 2% procapite è una media: ovvero i paesi emergenti dovrebbero avere una percentuale matematicamente più alta procapite che non sono in grado di investire. L’India ha più volte cercato di “ammorbidire” le richieste per il raggiungimento degli obiettivi ambientali: un paese con oltre 1,4 miliardi di abitanti che attualmente ha le maggiori emissioni di combustibili fossili.

"Contiamo di proseguire questo filone di ricerca. Ora che i risultati mettono in evidenza la necessità di utilizzare meglio le risorse economiche – spiega Marcella Lucchetta - sarà importante studiare come coordinare la transizione nei paesi più poveri. I paesi in via di sviluppo, con le loro grandi popolazioni, avranno bisogno in futuro di maggiori risorse finanziarie per una transizione verde eticamente accettabile".

Federica Ferrarin