La 'presa' di Istanbul e la lezione politica che arriva dalla Turchia

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Nell’ultima tornata delle elezioni municipali turche il presidente Erdoğan ha perso sia Istanbul che Ankara e İzmir. A Istanbul il repubblicano Ekrem İmamoğlu, ha battuto con il 54% delle preferenze il rivale pro-Governo Binali Yıldırım. La prima consultazione era stata annullata per irregolarità a seguito delle pressioni fatte dall’AKP. Ne è emerso uno scenario politico molto combattuto e sbilanciato, che forse vede una flessione dei poteri forti.

“Le recenti elezioni municipali in Turchia sono state precedute da una campagna elettorale tutt'altro che improntata a un'equa distribuzione dello spazio urbano e mediatico – commenta Vera Costantini, turcologa, ricercatrice presso il dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea. - AKP, al governo dal 2002, controlla infatti un ampio spettro di mezzi di comunicazione. Inoltre, la svolta autoritaria del suo leader, Recep Tayyip Erdoğan, ha fortemente influenzato la competizione restringendo le libertà di espressione e di manifestazione del dissenso.

In questo clima, un accordo di alleanza elettorale tra i due partiti d'opposizione democratica Halkların Demokratik Partisi (HDP) e İyi Parti (IP), assieme alla desistenza tra Cumhuriyet Halk Partisi (CHP) e HDP, ha consentito di conquistare numerose municipalità, in particolare quelle delle tre principali concentrazioni urbane: Ankara, İzmir e Istanbul. Tuttavia, lo scarto di qualche decina di migliaia di voti che separava a Istanbul il numero di elettori di Ekrem İmamoğlu da quelli di Binali Yıldırım ha motivato il premier Erdoğan a contestarne il risultato, richiedendo più volte il riconteggio delle schede elettorali e, infine, piegando l'Agenzia Nazionale sul controllo elettorale a imporre una nuova elezione.

Il sociologo turco Ahmet İnsel, invitato qui a Ca' Foscari, ha parlato senza mezzi termini di "passaggio del Rubicone", intendendo una presa di posizione fortemente autoritaria da parte di Erdoğan, e inedita, quanto al mancato rispetto dei risultati elettorali. Nel periodo di limbo del riconteggio delle schede, il partito d'opposizione CHP ha dato prova di una straordinaria coesione e capacità di resistenza: con i suoi militanti schierati giorno e notte attorno ai seggi elettorali a proteggerne l'incolumità dal pericolo di brogli, CHP ha dato una volta di più prova di essere il custode della democrazia in Turchia. La stessa rinnovata indizione delle elezioni è stata accolta con invidiabile spirito agonistico da parte di Ekrem İmamoğlu. Circondato dai suoi sostenitori, il giovane leader è uscito per le strade di Istanbul, raccogliendo strette di mano, incoraggiamenti, applausi. In molte occasioni, i suoi elettori gli hanno regalato degli autentici bagni di folla. Nel corso di uno di questi, un ragazzino di 13 anni gli ha consegnato lo slogan che ha accompagnato questa sua seconda campagna elettorale: "Ekrem Abi, her sey çok guzel olacak!" ("Ekrem, farello mio, tutto sarà bellissimo!). Spille, magliette, gazebi recanti questa scritta sono comparsi per Istanbul, accanto all'onnipresenza dei manifesti elettorali di Binali Yildirim, il candidato AKP, già capo del gruppo parlamentare del partito.
In generale, mentre AKP metteva in atto ogni sua strategia per conquistare il voto di chi non si era presentato al precedente appuntamento elettorale, i militanti CHP, capeggiati dal loro candidato, mantenevano la linea della campagna elettorale precedente, prediligendo uno stile "sorridente" che rifuggiva la polemica dell'odio e della contrapposizione, di cui forse l'elettorato turco, pur tradizionalmente collocato su posizioni centriste, aveva avuto decisamente abbastanza”.  

Chi è Ekrem İmamoğlu?
Originario del Mar Nero, 48 anni, laureato in Economia presso l'Università di Istanbul. Astro nascente della politica turca. All'indomani della seconda e definitiva vittoria elettorale ha dichiarato di essere il sindaco di tutti gli Istanbulioti e non solo dei suoi elettori, promuovendo una politica di pacificazione e di non contrapposizione, in continuità con la sua campagna elettorale.

«Chi prende Istanbul prende il paese» recitava il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan durante la campagna elettorale di marzo. E’ finita l’era di Erdoğan e dell’AKP?
La strada è ancora lunga e per nulla scontata. Dopo decenni di governo, il partito AKP è diventato una sorta di "sistema", che potrebbe eventualmente assorbire e integrare disocontinuità politiche a livello municipale e locale.

Quali sono le prime reazioni post-voto, dentro e fuori dalla Turchia?
Purtroppo, l'unico paese europeo che ha dimostrato un'attenta partecipazione ai risultati elettorali in Turchia è stata la Francia. In molti paesi, come per esempio in Italia, la Turchia è ancora percepita come un "altrove" del quale è lecito e quasi consigliabile non sapere nulla.  Invece, io credo, i partiti socialdemocratici europei avrebbero oggi molto da imparare dall'esperienza di CHP, che insegna appunto che davanti alla demagogia non ci si deve ritirare nell'Aventino, ma occorre stabilire alleanze e resistere.

Quale scenario politico e sociale si prospetta per il Paese?
Le tre principali città della Turchia, tra cui la metropoli Istanbul, saranno amministrate da uomini politici avversi al governo nazionale, i quali hanno tuttavia promosso con convinzione un'idea di pacificazione e integrazione.

Come si è schierata la comunità accademica e come ha accolto il risultato?
Noi turcologi cafoscarini, docenti e studenti, abbiamo sempre seguito con grande partecipazione la politica turca, provando soprattutto a stabilire connessioni con la nostra situazione italiana. Vi sono numerosi punti in comune, per esempio il carattere eversivo delle destre, l'elemento del populismo e la necessità che siano partiti di ispirazione di sinistra a raccogliere lo spirito più autentico della democrazia e della sua difesa.

Federica SCOTELLARO