I neonati ragionano? Ne parliamo con il prof. Luca Bonatti

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Luca Bonatti
Luca Bonatti - ph. Federico Pedol

Fino a 25 anni fa, per la ricerca scientifica, le parole ‘ragionamento’ e ‘bambino’ non avevano nessuna relazione. A dominare le scienze cognitive era la teoria dello psicologo-pedagogista Jean Piaget, secondo il quale la mente umana si sviluppa attraverso l’interazione con l’ambiente e secondo tappe temporali.

Invece il neonato è un essere cognitivo. La nostra specie è dotata di sistemi cognitivi complessi già presenti alla nascita. Ce l’ha spiegato il prof. Luca Bonatti, membro dell’unico team di ricerca internazionale che si occupa di logica prelinguistica e che dal CREA, centro di eccellenza dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona, è arrivato a Ca’ Foscari con ‘chiamata diretta’ al dipartimento di eccellenza di Studi Linguistici e Culturali Comparati.

Da oltre 30 anni Bonatti fa ricerca nel campo delle scienze cognitive con particolare attenzione ai processi cognitivi dello sviluppo nella fase pre-verbale (ha lavorato, tra gli altri, con Jacques Mehler - alla Sissa di Trieste -, figura di spicco degli studi sull’apprendimento linguistico), ed è uno degli studiosi che animerà BemboLab, il nuovo laboratorio di Ca’ Bembo per ricerche teoriche e sperimentali in ambito linguistico, cognitivo, letterario e culturale.
“Insieme a Giulia Bencini e Anna Cardinaletti – spiega - vogliamo portare a Ca’ Foscari sistemi di neuroimmagine non invasiva che permettano di studiare i processi neurolinguistici e cognitivi e che ci aiutino a descrivere lo stato cognitivo di base. Non tutto si impara, molti processi cognitivi hanno una parte genetica importante e conoscere a fondo lo stato ‘normale’ permetterebbe comprendere meglio le variazioni e di identificare problemi cognitivi precoci, come autismo o difficoltà di linguaggio”.

Recentemente il frutto del suo studio è apparso su Science con il titolo “Precursors of logical reasoning in preverbal human infants”.

“Scientificamente parlando nessuno sa bene cosa c’è prima del linguaggio. Sappiamo che ad un certo punto i bambini parlano e parlare significa possedere una struttura estremamente complessa – ci spiega. - Se un computer avesse gli stessi dati che possiede un bambino non potrebbe comunque apprendere questa struttura. Ci deve essere allora qualcosa che costruisce la possibilità di un bambino di apprendere la lingua naturale, indipendentemente dall’intelligenza o da altre capacità cognitive”.

Già dai 3 mesi, inoltre, nella mente dei bambini si possono riscontrare conoscenze organizzate, ‘piccole’ teorie di come è fatto il mondo che sorgono indipendentemente dall’interazione con l’essere umano. Per esempio i neonati comprendono alcuni aspetti elementari della fisica. Sanno che un corpo non può comparire e scomparire senza che ci sia una ragione, che un oggetto non può stare in aria senza cadere e che non può compenetrare un altro oggetto.

Ma quali sono i meccanismi di base per avere queste conoscenze? “I bambini non sono solo ottimi processori di dati ma oltre a questo hanno una logica, fanno ipotesi e ragionamenti che vanno oltre la somma di esperienze precedenti. Con esperimenti che sembrano semplici ma che in realtà – dato il target – richiedono un importante sforzo scientifico e organizzativo, cerchiamo di caratterizzare in modo elementare alcune di queste capacità. Creiamo situazioni visuali diverse che contengono ciascuna un piccolo problema che si può risolvere attraverso un’inferenza logica o attraverso una conoscenza che non è data dall’esperienza stessa.

Ecco un esempio:

https://youtu.be/Ij0AAFDMq2g

I bambini non solo fanno ipotesi ma valutano da dove proviene un eventuale fallimento dell’ipotesi. Quando vengono esposti a una violazione di legge fisica si registra un tempo di sguardo molto più lungo. La bambina, guardando questo breve video, compie un processo cognitivo spontaneo e giunge a una conclusione. La scena che disattende la conclusione, genera sorpresa. Analizziamo i dati comportamentali nel brevissimo momento in cui accade il processo di pensiero, come pattern di spostamento oculare e dilatazione della pupilla, e registriamo lo sforzo cognitivo.
Tale attività cognitiva si trova sostanzialmente identica per tutto il resto della vita e questo fa pensare che sia un processo di base dell’essere umano, una condizione innata che non c’è bisogno di apprendere”.

Attualmente i centri di ricerca al mondo più sviluppati in questi studi si trovano presso le Università di Budapest, Harvard e Johns Hopkins. Tutti centri con i quali Bonatti ha collaborato. A Ca’ Foscari ha trovato grande apertura sul tema e un atteggiamento giusto da parte della comunità accademica, stimolato anche dalla varietà linguistica che comprende il dipartimento. Ora per far funzionare BemboLab a pieno regime, è necessario puntare sul coinvolgimento sentito e massiccio del territorio.  “Per fare ricerche di questo tipo è necessario avere un forte legame con la città. BemboLab per lavorare bene dovrà arrivare a testare 1000 bambini all’anno, dai 3 ai 20 mesi”.


Federica SCOTELLARO