La Cina deve risarcire i danni da pandemia?

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Prof. Fabrizio Marrella

La pandemia causata dal Covid-19 ha creato danni incalcolabili alla vita ed all’economia di molti Paesi nel mondo. Mike Pompeo e il Presidente Trump tornano oggi ad accusare la Cina di essere all’origine del virus e responsabile della sua diffusione. Ma questi danni si possono risarcire? Un esercito di avvocati e di giuristi è al lavoro in tanti Paesi ma sono tanti i problemi di diritto internazionale da risolvere. 

Qual è il punto della situazione e quali gli scenari giuridici? Lo chiediamo al Prof. Fabrizio Marrella, Ordinario di Diritto internazionale all’ Università “Cà Foscari” di Venezia, Direttore del Master in Studi strategici e sicurezza internazionale ed un esperto di affari internazionali.

Professor Marrella, è possibile ritenere che la Cina sia giuridicamente responsabile della pandemia e quindi si può fare causa alla Cina?

L’idea è diffusa ma vi sono dei complessi nodi tecnici di diritto internazionale che occorre preliminarmente risolvere se si vuole fare un discorso serio e non superficiale come molti commentatori non specialisti, mi pare, stanno facendo. Vi è chi vuole fare una “guerra commerciale” alla Cina o denunciare il Governo cinese alla Corte penale internazionale come se fosse una Procura italiana e poi chi propone una petizione volta a trovare uno Stato che intenda assumersi l’onere di iniziare un procedimento contro la Cina di fronte alla Corte internazionale di giustizia. Vi sono poi, in alcuni Stati, delle class actions di soggetti privati i quali chiedono ad un giudice nazionale (ad. es. quello italiano) di condannare la Cina al risarcimento dei danni…come se si trattasse di una causa di diritto privato, alla stregua di un incidente automobilistico! Magari fosse così semplice!

Ma vi sono state già delle dichiarazioni di diversi Governi circa una responsabilità della Cina.

Certo. Ma anche qui, bisogna ben discernere le questioni giuridiche dalle chiacchiere di alcuni politici che spesso le fanno, o per questioni elettorali, o per spostare l’attenzione della gente solo sulla Cina ed evitare di parlare del perché la pandemia sia stata gestita così male e tardi nel proprio Paese. Per non parlare della guerra economica in atto prima della pandemia tra Stati Uniti e Cina e della relativa propaganda. In tale contesto, il Presidente americano Trump ha recentemente dichiarato che se la Cina si è resa “intenzionalmente responsabile” della diffusione del virus dovrebbe pagarne le conseguenze. E’ giusto in linea di principio, ma in pratica occorrono prima prove certe sia sull’origine dei fatti che sull’attribuzione della condotta. L’OMS nega che vi siano tali prove, come il virologo americano Anthony Fauci che il virus sia stato prodotto artificialmente. Senonché, c’è anche una pista francese: il Presidente Macron ha indicato che vi sono ancora molte cose che non sappiamo circa il laboratorio di virologia di Wuhan a cui, peraltro, pare avessero contribuito i francesi e che si trova vicino al mercato all’origine del virus. A propria volta, il Premio Nobel Luc Montagnier ha espresso forti dubbi sul fatto che il virus possa essere frutto di una mutazione genetica naturale: allude, piuttosto, ad un lavoro artificiale fatto da professionisti. 

E allora cosa si può fare per uscire da questa nuova crisi internazionale?

Insomma, su questo tema, mi pare che la strada maestra resti quella, classica in diritto internazionale, di una Commissione internazionale d’inchiesta composta da esperti indipendenti. Potrebbe operare sotto l’egida del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (ove la Cina ha diritto di veto ma sarebbe altrettanto singolare che lo esercitasse se ritiene di essere nel giusto), oppure sotto quella del Consiglio dei diritti umani o di altro organismo internazionale, in primis l’OMS. Di certo e purtroppo, non si può imporre con la forza un’inchiesta internazionale alla Cina. Resta il fatto che qui non si possono commettere i tragici errori che hanno portato alcuni Governi alla seconda guerra del Golfo in Irak, per non parlare della Libia e della Siria. Qui si rischia la terza guerra mondiale se non si applica bene il diritto internazionale!

Però quasi tutti indicano l’ “origine cinese” del Covid-19.

Certo, ma questo è il fatto più difficile e pericoloso da dimostrare. Ricordo che già a febbraio molti analisti erano in allarme in quanto il Covid-19 non era presente nei database ove sono schedati milioni di virus e di combinazioni portando, per questo fatto preciso, a sospettare la manipolazione artificiale del virus. Così, per il momento, resta solo “possibile” ma non “certo” che il Covid 19 invece che nel Mercato di Wuhan si sia originato, poco più in là, nell’Istituto di virologia di Wuhan. Peraltro, in base ad un principio elementare di diritto, spetta a chi accusa di provare i fatti a fondamento della propria pretesa e non a chi si difende. E qui, si aggiunge un ulteriore ed inquietante interrogativo che, se confermato, aprirebbe un pericoloso scenario per la sicurezza internazionale: il Covid 19 è sfuggito nel quadro di un programma di ricerca militare? La domanda sembra banale eppure in caso di risposta positiva la conseguenza sarebbe pesante: ne seguirebbe che la Cina sta sviluppando delle armi di distruzione di massa (BIOWARFARE) in violazione della Convenzione sulla Proibizione delle Armi Biologiche del 10 aprile 1972. Se venisse accertato questo, la Cina sarebbe internazionalmente responsabile della violazione di tale trattato, e potrebbe essere chiamata a rispondere dei danni provocati all’economia di mezzo mondo. Ma questo è ancora un delicato problema che riguarda l’intelligence, i rapporti tra Stati e i tribunali internazionali che fossero competenti a dirimere questo tipo di controversia.

E le cause per ottenere un risarcimento dei danni intentate dai privati in Inghilterra, Francia, Italia e dinanzi ad alcune corti USA?

In tale scenario, ossia quello della condanna della Cina ad un risarcimento dei danni, purtroppo, le probabilità di successo di class actions ed altre azioni risarcitorie dei privati mi pare che tendano allo zero. Esiste un principio generale di diritto internazionale secondo cui gli Stati esteri non possono essere convenuti in giudizio dai privati dinanzi ai propri giudici nazionali per attività pubblicistiche connesse alla loro sovranità: le attività militari ma anche quelle relative alla sanità pubblica. Per poter convenire in giudizio la Cina, occorrerebbe paradossalmente dimostrare che l’attività di ricerca virologica espletata a Wuhan era di natura privatistica, un fatto assai improbabile in quel Paese e nel contesto di cui sopra. Si potrebbe, in Italia, sulla scia della giurisprudenza Ferrini, invocare una violazione dello jus cogens ma anche qui, è bene ricordare che la strada è in salita: occorrono le prove e nonostante una brillante giurisprudenza della nostra Cassazione, nel caso Ferrini che riguardava l’immunità della Germania per i crimini nazisti di cui sicuramente era stato vittima il Sig. Ferrini, l’Italia ha finito…con l’essere condannata dalla Corte internazionale di Giustizia per avere violato l’immunità della Germania.

E venendo allora alla seconda questione, se invece ci si focalizzasse sulla questione della responsabilità legata ad una scorretta e intempestiva informazione della Cina circa il virus?

Se ora lasciamo da parte il dibattito sull’origine, un secondo profilo di responsabilità internazionale potrebbe evidenziarsi dimostrando che la Cina avrebbe potuto e dovuto gestire con maggiore anticipo tutta la comunicazione all’Organizzazione mondiale della sanità (che esiste proprio per gestire questi problemi e va finanziata per questo!) e dunque consentire a tutti gli altri Stati di contrastare molto prima la diffusione del virus per limitare le sue conseguenze. Qui, si tratterebbe della violazione di un obbligo procedurale internazionale di notifica che prescinderebbe dall’accertamento dell’origine artificiale, civile o militare o, come è più probabile, naturale del virus. Alcuni precedenti si sono avuti in materia di responsabilità internazionale da attività lecite ma ultrapericolose ed inquinanti, come quello della caduta del satellite Cosmos 954 in Canada che portò l’Unione Sovietica a risarcire il Canada. Ad onor del vero, però, bisogna anche ricordare l’incidente nucleare di Chernobyl che non mi pare abbia portato ad alcun indennizzo da parte dell’URSS e che riguardò proprio l’omessa e tempestiva informazione agli altri Paesi circa l’esplosione inquinante e radioattiva di una centrale nucleare nell'area sovietica. E’ probabile, dunque, che la strada della mera responsabilità procedurale per mancata notifica all’OMS e al mondo, alla fine, convenga, diplomaticamente, a tutti. Del resto, ciò spiegherebbe, al di là del sentimento “morale”, perché la Cina si sia prodigata, sua sponte, in aiuti di carattere medico e di materiali a tutti gli altri Paesi, compreso fortunatamente, il nostro. Il ritardo di 13 giorni nel fornire all’OMS ed ai Governi di tutto il mondo la notizia della diffusione di un virus letale ha senz’altro contribuito a causare la diffusione della malattia insieme ad una ritardata conoscenza e consapevolezza in merito alla stessa malattia con gravi danni alla vita di migliaia di cittadini ed all’economia di molti Paesi. Per i cittadini litigiosi e i loro avvocati, questo può essere un profilo utile ma il passaggio dall’ordinamento internazionale a quello nazionale è tutto in salita. Resta, infatti, dinanzi ai giudici nazionali, lo scoglio dell’immunità della Cina che deriva da una norma consuetudinaria di diritto internazionale e che porta i tribunali interni a dichiararsi incompetenti a giudicare tali controversie. Vedremo dunque quali sentenze usciranno nei vari Paesi e, soprattutto, con quali conseguenze effettive per la Cina in termini di eseguibilità. A volte, la fortuna aiuta gli audaci.