Keep cool - You Hua Hao Hao Shuo

Keep Cool assomiglia a un documentario, a una pellicola sperimentale ed «indipendente», a una commedia dall'aria leggera, tanto sottile e tagliente nel linguaggio, quanto rassegnata nel messaggio.

KEEP COOLYou hua hao hao shuo

 

Regia: Zhang Yimou. Soggetto e sceneggiatura: Shu Ping. Fotografia: Lu Yue. Montaggio: Du Yuan. Scenografia: Cao Jiuping. Suono: Tao Jing. Costumi: Tong Huamiao. Musica: Zang Tianshuo. Interpreti: Jaing Wen, Li Baotian, Qu Ying, Ge You. Produzione: Wang Qipeng per Guangxi Film Studio. Distribuzione: Mikado. Origine: Cina, 1997. Durata: 95 minuti

(...) Keep Cool assomiglia a un documentario, a una pellicola sperimentale ed «indipendente», a una commedia dall'aria leggera, tanto sottile e tagliente nel linguaggio, quanto rassegnata nel messaggio. Se la legge ne La storia di Qiu Ju tendeva per gradi a concentrarsi nel grande tribunale di città, qui i personaggi cercano di ritagliare, dall'idea «giuridica» di quello stesso tribunale, una giustizia personale. Dall'accentramento si passa al decentramento, forse, però, con gli stessi risultati. Ecco il cambiamento di Zhang Yimou, il passaggio dal narrare lento e meditativo, dalla tecnica curata nel dettaglio, dalla storia, articolata «classicamente» in personaggi e inquadrature, al racconto sincopato e veloce, all'apparente improvvisazione, alla «sporcizia» di una ripresa in cui non c'è tempo per pensare. È come se un paesaggista, che credeva nel calore e nel significato della pennellata, nell'importanza della scelta del colore e nel rapporto armonioso con il soggetto che ritraeva, vedesse sparire ogni punto di riferimento e si trovasse davanti un caleidoscopio, che cambia le sue combinazioni troppo in fretta per poterne cogliere essenza e differenze. Finirebbe per realizzare una serie infinita di tele incompiute, ricche di pennellate confuse, immagini senza soggetti definiti, macchie che ricordano cose: il «verosimile», ma anche il suo contrario, l'«astratto». Zhang Yimou è questo pittore spaesato, che non ha ancora ben capito in cosa consista questa modernità in cui si è trovato suo malgrado. Anche se si è rapidamente reso conto che nulla fa in tempo a finire prima che non sia cambiato. E ciò vale per tutti i messaggi, contenuti nella storia di Shu Ping. Il linguaggio, gli ideali, i valori dei personaggi sono mutevoli, volubili, suscettibili a ripensamenti e facili a ritornare sui passi che avevano lasciato. Un giovane dall'amore passa all'odio, incrociando vendetta ed amicizia per poi tornare indietro; un vecchio dalla pacata saggezza passa alla mannaia; una ragazza si regala senza motivo e poi si richiude nella scatola senza essere stata scartata; un ricco sbaglia e non paga e, se proprio deve pagare, lo fa, ovviamente, in contanti. Ecco, il solo punto fisso sembra essere il denaro, capace di trovare sempre la soluzione più facile, efficace e rapida.

Forse è sbagliato pensare che la Cina amata nei precedenti film di Yimou non esista più. I paesi e le campagne sono ancora come erano e le persone, che da lontano raggiungono la grande città, si sentono come noi nel guardare questo film: spaesati, spiazzati e forse con un retrogusto di delusione. Ci vorrà del tempo per abituarsi alla logica della mannaia e del mattone... e forse è meglio non aspettarsi troppo dal cinema cinese, se non che le produzioni fino ad oggi targate Hong Kong diventino, come molte delle cose che indossiamo e adoperiamo, «made in China».

Andrea Vai