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Il Premio Nobel per la Chimica 2025: un riconoscimento alle strutture metallo-organiche (MOF), i “Lego” della chimica del futuro

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Susumu Kitagawa, Richard Robson and Omar M. Yaghi - Ill. Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach

Quest’anno il Premio Nobel per la Chimica è stato assegnato a Susumu Kitagawa, Richard Robson e Omar M. Yaghi per lo sviluppo delle strutture metallo-organiche.  Abbiamo chiesto un commento a Elisa Moretti, professoressa di Chimica Generale e Inorganica e a Alberto Vomiero, professore di Scienza e Tecnologia dei Materiali del Dipartimento  di Scienze Molecolari e Nanosistemi.

Il Premio Nobel per la Chimica 2025 è stato assegnato a tre scienziati pionieri nello sviluppo delle strutture metallo-organiche, meglio conosciute come MOF (Metal-Organic Frameworks), per il loro contributo rivoluzionario alla scienza dei materiali. Questo riconoscimento rappresenta un punto di svolta nel campo della chimica dei materiali porosi, premiando una scoperta che, oltre ad affascinare per l’eleganza strutturale dei materiali realizzati, promette soluzioni concrete a problemi ambientali e tecnologici cruciali.

I MOF sono materiali cristallini ad alta porosità, costituiti da ioni metallici connessi da leganti organici. Una delle principali difficoltà superate dai ricercatori è stata la capacità di realizzare questi materiali in forma cristallina, cioè con una struttura tridimensionale ordinata che si ripete nello spazio. Questa caratteristica è indispensabile per ottenere le funzionalità che i nuovi materiali altrimenti non avrebbero, ed ha aperto la strada a una nuova generazione di materiali funzionali.

Una delle analogie più efficaci per descrivere i MOF è quella con i mattoncini LEGO: ogni elemento costitutivo (il metallo e il legante organico) può essere considerato un pezzo di un grande puzzle molecolare. Come con i LEGO, le combinazioni possibili sono virtualmente infinite: cambiando i metalli o le molecole organiche, si ottengono strutture con proprietà chimiche e fisiche differenti. Questa modularità ha permesso agli scienziati di progettare MOF su misura per applicazioni specifiche, rendendo questi materiali straordinariamente versatili.

Una delle caratteristiche distintive dei MOF, messa in rilievo anche dal Comitato Nobel, è la loro altissima superficie specifica. Grazie alla loro struttura reticolare regolare e ai grandi spazi vuoti interni, un solo grammo di MOF può offrire una superficie interna paragonabile a quella di un campo da calcio. Questi pori, che si estendono in modo ordinato e ripetitivo all'interno del materiale, sono in grado di intrappolare, assorbire o rilasciare molecole con estrema efficienza.

È proprio questa proprietà a rendere i MOF così promettenti in una vasta gamma di applicazioni ambientali e industriali. Nel campo della depurazione dell’acqua, ad esempio, i MOF possono essere utilizzati per rimuovere contaminanti da acque reflue (per esempio i PFAS) o per catturare molecole tossiche, grazie alla loro capacità di assorbimento selettivo. In ambienti desertici, alcuni MOF sono stati progettati per estrarre l’umidità presente nell’aria, consentendo la produzione di acqua potabile anche in condizioni estreme, dove le risorse idriche sono pressoché assenti.

Un’altra potenziale applicazione riguarda il sequestro dei gas serra, in particolare della CO₂. I MOF possono funzionare come vere e proprie spugne molecolari, capaci di intrappolare l’anidride carbonica presente nei gas di scarico industriali o direttamente dall’atmosfera, contribuendo al contenimento dei gas serra. Altri MOF sono in grado di immagazzinare gas leggeri come idrogeno o metano, rendendoli potenziali candidati per lo sviluppo di tecnologie legate all’energia pulita e alla mobilità sostenibile.

Questo riconoscimento premia l’idea di poter costruire materiali su misura, per rispondere con soluzioni mirate ad alcune delle sfide più urgenti dell’umanità. I MOF rappresentano un esempio importante di come la ricerca fondamentale possa tradursi in soluzioni concrete, con applicazioni che spaziano dalla purificazione dell’acqua alla lotta contro il riscaldamento globale.

Elisa Moretti e Alberto Vomiero