Balzac et la petite Tailleuse Chinoise

Tra estetismo e autobiografia, la rievocazine romanzesca dell'esperienza della rivoluzione culturale.

BALZAC ET LA PETITE TAILLEUSE CHINOISEdi Dai Shijie

 

Ampiamente autobiografico: le dimensioni del nuovo film di Dai Sijie (Premio Vigo '89 per Chine, ma douleur) stanno tutte in questa natura personalissima del progetto. Romanzo best-seller prima in Francia (250.000 copie da Gallimard) e poi tradotto in altre 25 lingue, tranne che in cinese, Balzac et la petite tailleuse chinoise è ora un film di grande respiro, opera raffinata ma non necessariamente patinata, nutrita da uno sguardo che trasfigura nella distanza dolce del ricordo qualsiasi asprezza possibile della realtà. Dinamica di certo non nuova, ma che trova in Dai Sijie un equilibrio di disincanto e affezione che abita la nostalgia tenendo vive le risonanze umorali del tempo passato. Inviato in "rieducazione" all'inizio degli anni Settanta, quando aveva appena diciassette anni, Dai Sijie affida alla storia di tre ragazzi in cerca di una sopravvivenza dello spirito e di una prospettiva di libertà, il peso e la leggerezza della sua esperienza di giovane vittima del maoismo, che ha poi trovato la strada dell'Occidente (Parigi, Idhec, metteur en scene...): Luo e Ma, due ragazzi di estrazione borghese mandati in "rieducazione" in un villaggio ai confini col Tibet, s'innamorano della figlia del sarto locale, con la quale costituiscono un inseparabile trio attorno al desiderio di libertà e al bisogno di preservare lo spirito nutrito dalla musica di Mozart e dalle pagine di Balzac, Flaubert, Hugo... Il percorso è già noto e va dall'arrivo dei "rieducandi" nel fangoso e freddo villaggio montano alle corvée nei campi, tra concime di latrina e trasporto di massi, passando per la necessaria privazione di ogni bene appartenuto al passato da ripudiare. Il film però si assesta ben presto in una dimensione della memoria che soffonde di un vago languore la rappresentazione degli eventi, smussandoli nella prospettiva sentimentale offerta dalla dolce figura della "piccola sarta", e affidandoli alla ricerca di un tempo perduto che appartiene tanto alla dispersa giovinezza quanto alla dimensione vagamente realistica e romantica consegnata ai protagonisti dalle loro care letture. Caratura della quale il film di Dai Sijie si fa carico generosamente: un po' Balzac, un po' Flaubert, un po' Hugo, appunto...