Il regista Kim Dong-won ci propone con questo documentario un aspetto della Corea poco conosciuto in Italia e in Europa, quello dello spionaggio e della condotta politica che il governo del Sud ha tenuto nei confronti delle spie nord-coreane arrestate negli anni '60-80.

SONGHWANRepatriation di Kim Dong-won

Regia: Kim Dong-won, Sceneggiatura: Kim Dong-won, Ryu Mi-rye, Fotografia: Kim T'ae-il, Jeong Chang-yeong, Byeon Yeong-ju, O Jeong-hun, Mun Jeong-hyeon, Montaggio: Kim Dong-won, Musica: Lee Ji-eun, Kim Dong-beom, Interpreti: Jo Chang-son, Kim Seon-myeong, Kim Yeong-sik, Ryu Hanok, Kim Seok-hyeong, Sin In-yeong, Origine: Corea del Sud, 2004, colore, 149'.

Il regista Kim Dong-won ci propone con questo documentario un aspetto della Corea poco conosciuto in Italia e in Europa, quello dello spionaggio e della condotta politica che il governo del Sud ha tenuto nei confronti delle spie nord-coreane arrestate negli anni '60-80. In questo prezioso documento storico che analizza la politica del suo Paese, Kim ci fa conoscere da un punto di vista umano diverse spie nord-coreane "non-convertite" che il governo del Sud ha rilasciato a partire dal 1992 (altre spie che sotto tortura o "programma rieducativo" hanno rinunciato all'ideologia comunista erano già state rilasciate), e che nel settembre 2000 sono state finalmente rimpatriate nella Corea del Nord.

Storie di uomini che hanno superato dure prove in carcere per trenta o quaranta anni, i quali una volta liberati si sono ritrovati ormai anziani a vivere in un Paese a cui non appartengono e che non li accetta, senza poter nemmeno ritornare nella Corea del Nord a causa delle tese relazioni diplomatiche fra i due Paesi.

Premiato dallo statunitense Sundance Film Festival 2003 con il Freedom of Expression Award, Songwhan è apparso sui grandi schermi sud-coreani subito dopo Silmido e T'aegugki, grandi successi cinematografici che trattano la guerra e lo spionaggio fra le due Coree, offrendo al pubblico coreano un'altro approccio a questo doloroso tema.

Kim è il narratore e commentatore del film, spiega al pubblico la situazione storico-politica fra le due Coree negli ultimi cinquanta anni, il processo con cui lui stesso ha conosciuto le ex-spie, come gradualmente si è a loro avvicinato fino a diventarne più di un conoscente, un amico, un confidente, e nel caso di Jo un "figlio".

Con una rappresentazione a più strati e che copre dieci anni di vita nella Corea del Sud di questi comunisti non convertiti, Kim solleva interrogativi non solo sulla storia e la politica del suo Paese, ma anche su cosa significa aderire ad una ideologia, sull'umanità di chi viene creduto "inumano", facendo riflettere lo spettatore anche sul significato di temi quali l'amicizia, l'amore, la solidarietà, l'integrità e la libertà.

Silvia Tartarini