Boli Shaounu (Glass Tears)

Pellicola d'esordio della regista hongkonghese Lai Miu-suet.

GLASS TEARS - BOLI SHAONUdi Carol Lai Miu-suet

 

Il cinema hongkonghese dà segnali di risveglio, non da uno dei suoi grandi maestri tornati in patria, ma da una giovane regista esordiente, Lai Miu-suet. Il suo Glass Tears è un elegiaco racconto coscienziale di piccoli scarti dell'anima, di sentimenti desideranti che si inseriscono negli interstizi di vite instabili, raminghe, alla ricerca di una precisa collocazione. Ad Hong Kong si incontrano tre solitudini:un ex-poliziotto della Mainland China, alla ricerca della figlia scomparsa; P., pestifera ragazzina che si diverte a depistarlo e Tofu, il suo fidanzato,implicato nello spaccio di stupefacenti.

Ben presto la ricerca della figlia scomparsa si rivelerà un espediente narrativo, un mcguffin per farci conoscere le psicologie dei protagonisti. Lo statico poliziotto, somigliante ad una delle maschere kitaniane, compie un percorso euristico, di cui P. è parte essenziale. I due si scoprono soggetti complementari, fisicamente inscindibili, accomunati da un'endemica solitudine che li attanaglia. La giovane Lai Miu-suet riesce a conciliare diversi registri:dal grottesco al comico, dall'onirico al drammatico.

Ma ciò che più sorprende in quest'opera prima è la straordinaria varietà di soluzioni stilistiche adottate: dal realismo ebbro, franto, rapsodico che accompagna il peregrinare del poliziotto, di P. e di Tofu per Hong Kong, agli improvvisi squarci che visualizzano l'universo sognato da P., fino al realismo fenomenologico che ritrae P. quando spaccia. Glass Tears possiede quella freschezza, quella naïveté che mancava, ad esempio, al film di Fruit Chan visto all'ultimo festival di Venezia, Durian Durian, e che invece attraversa con levità le vicende di questi tre personaggi apolidi. Gli estatici momenti di sospensione uniti ad un'insistente estetica al neon fanno venire in mente certo cinema di Wong Kar-wai, ma mi piace pensare a Glass Tears come ad una favola, decentrata e allegramente rapsodica.

Antonio Termentini