Ming Dai Ahui Zhu (Mirror image)

Opera prima di un assistente alla regia di Hou Hsiao-hsien, Mirror Image è una traccia appena abbozzata di vuoti coscienziali, di smarrimenti, di brevi incontri, di lunghi silenzi e di una rituale quotidianità

MING DAI AHUI ZHU(Mirror Image) di Hsiao Ya-chuan

 

Alla base dell'esordio del poco più che trentenne Hsiao Ya-chuan ci sono i due nomi tutelari per eccellenza del cinema taiwanese: Peggy Chiao e Hou Hsiao Hsien (produttori del film). Ed è proprio dopo aver fatto l'aiuto regista di Hou Hsiao Hsien in Flowers of Shanghai, e dopo aver diretto alcuni apprezzati cortometraggi che Hsiao Ya-chuan ha deciso di passare dietro la macchina da presa. Se il suo Mirror Image si può catalogare come un esordio più che riuscito è proprio nell'aver marcato una netta differenza rispetto al suo maestro, nel non aver realizzato un film "alla maniera di", scegliendo di esplorare territori inediti. Anzi, paradossalmente, se si vogliono a tutti i costi individuare elementi di consonanza con altri registi taiwanesi, questi si devono rintracciare nel cinema di Tsai Ming Liang.

Il vuoto che avviluppa i protagonisti, la dialettica dentro-fuori, la claustrofobia degli interni, la narrazione minimalista, la spoliazione, in particolare nella prima parte, di qualsiasi orpello esornativo, richiamano alcuni lavori del regista di origine malese. Come Vive l'amour! e The Hole, Mirror Image è una traccia appena abbozzata di vuoti coscienziali, di smarrimenti, di brevi incontri, di lunghi silenzi e di una rituale quotidianità. Sguardi, volti, spazi. Mirror Image è un film geometrico, fatto di continue simmetrie, assiale, che si diverte a tracciare coordinate dell'anima, mettendone in relazione continuamente i paradigmi rispetto ai luoghi perlustrati.

Tung Ching, infatti, eredita dal padre un banco dei pegni dove intreccia una relazione frustrante con Eiko. Alla claustrofobia dell'angusto luogo corrisponde un rapporto chiuso, scandito dai tempi della convenzione, riconducibile alle forme della tradizione. L'incontro occasionale nella metropolitana di Taipei con Hsiao De Le rappresenta un'apertura per Tung Ching; la scoperta di una dimensione altra, di spazi alternativi, la verifica che il mondo, anche per un umile gestore di un banco di pegni non si esaurisce in quel piccolo "loculo". È in questo aspetto che risiede il tratto più originale dell'esordio di Hsiao Ya-Chuan, nell'aver valicato gli angusti confini in cui sono relegati gran parte dei personaggi di queste storie minimaliste, nell'aver dato loro la possibilità di accedere ad uno spazio altro, di oltrepassare i confini del discorso amoroso superandone anche le barriere fisiche.

Antonio Termenini