Lan Yu ci dimostra come il cinema di Kwan si esprima attraverso costanti variazioni, sviluppate lungo un genere e grazie a toni melodici che si dichiarano debitori del miglior melodramma.

LAN YUdi Stanley Kwan

 

Curioso l'ultimo film di Stanley Kwan, cineasta di Hong Kong, omaggiato lo scorso anno dal Festival di Pesaro con una bella retrospettiva. Lan Yu ci dimostra come il cinema di Kwan si esprima attraverso costanti variazioni, sviluppate lungo un genere e grazie a toni melodici che si dichiarano debitori del miglior melodramma. In questo caso la storia si svolge a Pechino alla fine degli anni '80, mostrando le vicissitudini di una coppia: un arricchito uomo d'affari e un giovane studente. Il "discorso amoroso" viene declinato da Kwan con estrema perizia: gelosia, solitudine, addii, riavvicinamenti, autorità, sottomissione, dolcezza, imbarazzo, apprensione, desolazione, senso di perdita, sono le tonalità su cui Kwan dipinge le tinte del suo melodramma.

Per un istante, il riferimento ai fatti di Tienanmen pare destabilizzare il film, ma fortunatamente la questione viene risolta con dovuta attenzione (un piano notturno... gente che fugge nel buio). I fatti sanguinosi di Tiananmen restano una ferita aperta, un punto di domanda che aspetta la giusta risposta, che tarda ad arrivare, tante sono ancora le zone d'ombra e gli abusi (è proprio di questi giorni la campagna pubblicitaria di una nota marca di orologi che mostra, tra le varie immagini del suo spot, anche quelle del solitario contestatore che riuscì a fermare i carri armati nella piazza: non c'è più limite al peggio...). Difficile dunque e rischioso lasciare a un film il compito di porvi rimedio.

Kwan giustamente attesta il suo sguardo sui gesti della coppia, ne coglie gli aspetti più intimi, ne tesse le trame più dolorose, ne controlla la pulsazione cardiaca (chissà che anche questa non sia una scelta a modo suo "politica"...). Si nota un certo compiacimento nel trattare l'aspetto prettamente plastico e visivo dell'inquadratura: ci riferiamo all'esagerata nettezza dell'immagine, all'impeccabile tonalità coloristica dei piani. A volte, le soluzioni di messa in scena adottate per risolvere una determinata situazione appaiono già viste. Sono i rischi che capitano a chi decide di seguire la rigida struttura di un determinato "genere". Piccole sbavature su cui chiudiamo volentieri un occhio.

Rinaldo Censi