Lady vendetta e la conclusione di una trilogia

Dopo il successo di Old Boy a Cannes nel 2004, erano molte le aspettative sulla presentazione di Lady Vendetta alla 62a Mostra di Venezia. Sia Park che l'attrice Lee Yeong-ae hanno lasciato Venezia a mani vuote, ma il film ha fatto molto parlare per la scelta del soggetto scelto, come al solito causa di forte shock e turbamento...

LADY VENDETTA (Sympathy for Lady Vengeance)Ch’injŏlhan kŭmja-sshi

 

 

 

Regia: Park Chan-wook. Sceneggiatura: Park Chan-wook. Soggetto: Park Chan-wook. Interpreti: Lee Yeong-ae (Kŭmja), Choi Min-shik (Insegnante Baek), Lee Seung-Shin (Park Lee-jung), Yu Ji-tae, Bae Doo-na, Ryu Seung-wan, Song Kang-ho. Fotografia: Chung Chung-hoon. Scenografia: Jo Hwa-seong. Musiche: Cho Young-wook. Produttore: Lee Tae-heon. Produttore Esecutivo: Park Dong-ho. Produzione: Moho Films. Distribuzione: CJ Entertainment. Origine: Corea del Sud, 2005, colore, 112'.

 

Kŭmja è una ventenne che viene arrestata per il rapimento e l’assassinio di un bambino di cinque anni. Nonostante ci siano alcune contraddizioni nella sua confessione, viene riconosciuta colpevole e condannata a tredici anni di pena. Durante la permanenza in carcere, Kŭmja si dedica con grande fervore religioso alla propria salvazione spirituale tramite la preghiera e il volontariato, al punto da venire soprannominata ‘Kŭmja la gentile’. In realtà la sua dedizione umanitaria nasconde un freddo e meticoloso calcolo che maschera le sue vere intenzioni, non sempre puramente altruiste. Kŭmja viene liberata dopo tredici lunghi anni di sofferenze, e appena ottenuta la libertà mette immediatamente in moto il network organizzato in prigione per realizzare una vendetta progettata nei più minuziosi dettagli. Ma qui scopriamo che le radici della vendetta della ormai psicologicamente turbata Kŭmja stanno nel suo cuore di madre, tredici anni prima privata della sua bambina, ricattata e minacciata fino a doversi addossare una colpa non commessa...

 

Lady Vendetta chiude la trilogia di Park Chan-wook iniziata nel 2002 con Mr. Vendetta (Sympathy for Mr.Vengeance) e proseguita con Old Boy nel 2003. Un progetto articolato che vede trame e protagonisti del tutto diversi fra loro, e che presenta come denominatore comune una grande sofferenza, la pianificazione di una vendetta e la sufficiente dose di crudele determinazione e violenza necessarie per attuarla, oltre che la salvezza fisica/salvazione spirituale o la sua impossibilità. I tre film sono accomunati da una grave ingiustizia inevitabilmente avventatasi sui più deboli, la cui mancanza di mezzi anche economici unita ad un inganno che li rende colpevoli agli occhi della legge non lascia loro altra scelta che farsi giustizia con le proprie mani, in un modo non sempre ‘legale’ o eticamente ‘giusto’. I protagonisti dei tre film sono persone disperate, contrariate dalla sorte al punto da perdere il controllo e la lucidità mentale, ormai ciechi ed unicamente volti a vendicarsi della sorte subìta.

E qui diviene ‘necessario’ lo spreco di violenza, da quella squisitamente sottile a quella brutalmente aperta. Una violenza che può sembrare spesso gratuita, ma che è indubbiamente volta a sensibilizzare lo spettatore verso le contraddizioni e le ingiustizie quotidiane della nostra società, in teoria ‘civilizzata’ e ‘difensore dei diritti umani’, ma in realtà al servizio del più furbo e sorda al dolore del più debole, di quell’uomo medio che potrebbe essere ognuno di noi. È quindi il senso di totale sconfitta e impotenza nei confronti di una crudele e irrisolvibile situazione in cui sono proiettati i protagonisti a costringerli ad intraprendere una strada eccessiva e senza ritorno, in un senso di perdita che però arriva a mitigarsi gradualmente in ogni finale: se in Mr. Vengeance tutti sono indistintamente sconfitti, Old Boy ci lascia con una flebile speranza verso un futuro migliore, e in Lady Vendetta questa speranza si fa concreta. Non a caso Kŭmja che aveva rifiutato il tofu offertole all’uscita del carcere (come vuole la tradizione coreana, a simboleggiare l’inizio di una nuova vita pura e senza peccati) perché la sua vendetta ancora incompiuta non le permetteva di cominciare una nuova vita, alla fine accetta di mangiare la torta candida (un sostitutivo del tofu) che lei stessa aveva preparato per la figlia e da questa offertale, e anzi vi si getta sopra con fervente disperazione. Un atto che simboleggia la rinascita di Kŭmja, la quale dopo una serie infinita di spiacevoli e crudeli vicende può finalmente chiudere i conti con un passato sbagliato impostole a forza, che le ha rubato tredici anni di vita e una figlia, e che l’ha marchiata per sempre.

Indubbiamente meno violento dei precedenti, Lady Vendetta è comunque un film impegnativo e non particolarmente tranquillo. Il parziale addolcimento dei metodi espressivi di Park ha probabilmente radici in parte nell’influenza di critiche mossegli dopo i primi due film della trilogia, e in parte in un tentativo di accattivarsi il pubblico femminile, da cui il regista è stato anche definito maschilista (vedi Incontro con Park Chan-wook e Incontro con Park Chan-wook-parte seconda) per i suoi motivi prettamente maschili e di una violenza disturbante. In Lady Vendetta Park è tutto dalla parte della donna, non perché la protagonista è finalmente di sesso femminile, ma perché qui il regista si impegna a mostrare il dettaglio delle dinamiche della psiche e del mondo femminile con estrema sensibilità (si pensi ai rapporti interpersonali e sessuali delle detenute e della stessa Kŭmja) e analizzando diversi ruoli (dalla ragazzina alla madre alla figlia e alla lesbica, che non è un’impresa da poco). Nell’arco della trilogia Park punta a dimostrare le differenze fra la vendetta maschile e quella femminile, l’una svolta valendosi solo delle proprie forze e come un lupo solitario, l’altra frutto di un lavoro di squadra e impregnata di sensibilità verso l’estetica (si noti il trucco scelto da Kŭmja per il suo viso e le decorazioni della sua stanza, o la richiesta di un’arma decorata ed esteticamente bella per compiere l’assassinio).

I tre film condividono un uso del colore e una narrazione molto vicini al fumetto, oltre che una velocità nei cambi di scena che spesso salta passaggi non sempre ovvi (e anzi necessari alla comprensione della trama) lasciandoli all’immaginazione dello spettatore, in uno stile a cavallo fra i manga giapponesi e i B movies. Un tratto tipico di Park, il quale anche in questa terza parte ci presenta una sua visione particolare di cinema ibrido difficilmente riconducibile ad altri esempi, sia all’estero che in Corea. In Lady Vendetta l’uso del colore è però più ricercato e differenziato rispetto ai due capitoli precedenti, in particolare verso la parte finale, in cui le tinte cromatiche vivaci e forti che ci avevano accompagnato per buona parte del film vengono gradualmente attutite e affievolite verso il bianco e nero di quelle che sono le sequenze più drammatiche e psicologicamente coinvolgenti. Da qui la storia prende una strada del tutto nuova e non prevista: la vendetta di Kŭmja non è più una faccenda privata e al limite dell’inverosimile, ma alla luce di nuove agghiaccianti scoperte diviene la vendetta comune di un gruppo di persone ‘normali’, di estrazione sociale ed età diverse, persone accumunate dal dolore e dalla crudeltà della sorte capitata loro, ed ugualmente assetate di sangue. Così il secondo lavoro di squadra del film, solo parzialmente guidato da Kŭmja, si svolge come un aberrante episodio di violenza collettiva, l’unica risposta possibile nei confronti di una società di cui non ci si può fidare ed incapace di garantire la giustizia, finalmente ottenuta dopo anni di invincibile delusione e dolore con un improbabile ‘fai da te’.

Recitato con un’intensità e al tempo stesso una naturalezza sconcertanti, Lady Vendetta alterna momenti di grande tristezza ed orrore ad altri di black humour e grottesco paradossale estremamente divertenti. In ciò deve molto non solo alla maestria di Park ma anche al suo cast d’eccezione, che fra l’altro riunisce i protagonisti degli altri due film della trilogia. Accanto a Lee Young-ae (che aveva lavorato con Park in J.S.A. nel 2000), ritroviamo fra gli altri i bravissimi Bae Doo-na e Song Kang-ho di Mr. Vengeance e Choi Min-shik e Yu Ji-tae di Old Boy, in ruoli completamente diversi o persino opposti ai precedenti, apparizioni in un contrasto che contribuisce a dare un filo conduttore, un senso di continuità e al tempo stesso di sorpresa e freschezza alla trilogia. Lady Vendetta come le due prime pellicole si rivela piuttosto complessa da un punto di vista morale: pur  scegliendo argomentazioni ugualmente attuali ma di tipo diverso dalle altre (in questo caso forse un omaggio alla critica e al pubblico euroamericano?), a partire dai titoli di apertura si sviluppa come un’opera esteticamente raffinata, ricercata, e recitata magistralmente.

.Lady Vendetta è stato vincitore assoluto al 26th Blue Dragon Awards nel novembre 2005 (una delle premiazioni coreane più prestigiose insieme a quella del Grand Bell Awards), applaudito per la Migliore Fotografia e per la Migliore Attrice (Lee Young-ae). Durante la programmazione in Corea (estate 2005) ha attratto oltre tre milioni e seicentomila spettatori, ottenendo quindi un discreto successo sia da parte del pubblico che della critica.

Silvia Tartarini